I martiri di Otranto sono gli 813 abitanti della città salentina di Otranto uccisi il 14 agosto 1480 dai turchi guidati da Gedik Akmet Pascià per aver rifiutato di rinnegare la fede cristiana per convertirsi all’islam.
Assedio di Otranto
Nel luglio 1480 il comandante Gedik Akmet Pascià, inviato da Maometto II per estendere l’impero ottomano in Italia e nel resto d’Europa, assediò Otranto, sulle coste meridionali della Puglia.
La città, non avendo ricevuto il soccorso promesso dagli aragonesi di Napoli, capitolò dopo quindici giorni.
L‘esercito ottomano penetrò quindi nella città; i cittadini non in grado di difendersi si rifugiarono nella cattedrale. L’esercito ottomano irruppe: fu un massacro.
Ai prigionieri superstiti – gli 813 martiri di Otranto – fu chiesto di rinnegare la fede cristiana. Al loro rifiuto furono uccisi sul colle della Minerva e la chiesa ridotta a stalla per i cavalli.
Il primo ad essere decapitato fu Antonio Primaldo (nell’icona, in alto) colui che per primo si era rifiutato di rinnegare la Fede in Cristo. Si racconta che il suo corpo, privato della testa, rimase in piedi fino alla conclusione dell’eccidio. Vedendo un simile miracolo, il boia turco avrebbe dichiarato di volersi fare cristiano all’istante; di conseguenza, sarebbe stato a sua volta ucciso, per impalazione, assieme ai restanti martiri di Otranto.
Quando 13 mesi dopo gli aragonesi riconquistarono Otranto, i corpi dei “martiri” furono trovati intatti. Il popolo cominciò, allora, a rivolgersi a costoro con l’appellativo di “santo”.
Il 14 dicembre 1771 papa Clemente XIV li dichiarò beati; il 12 maggio 2013 sono stati canonizzati da papa Francesco.
Alcuni corpi sono oggi conservati nella Cappella dei Martiri nella cattedrale di Otranto, altri nella chiesa di S. Caterina a Formiello, a Napoli.