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Canto 20 Inferno riassunto

Il canto 20 Inferno (canto XX Inferno) si svolge nella quarta bolgia dell’ottavo cerchio (Malebolge), dove sono puniti gli indovini e i maghi.

Chi sono gli indovini nell’Inferno di Dante e qual è la loro punizione?

Gli indovini sono coloro che in vita ebbero la presunzione di conoscere il futuro e di poterlo modificare, usurpando così la dote della preveggenza, che è invece prerogativa di Dio. Per punizione hanno il viso rivoltato all’indietro e camminano all’indietro, come contrappasso per aver voluto guardare troppo avanti, pretendendo di conoscere il futuro.

Canto 20 Inferno riassunto

Quarta bolgia: gli indovini e la loro pena vv. 1-30

Nella quarta bolgia sono puniti i maghi e gli indovini. Le loro teste sono girate verso la schiena, in modo che non possono guardare davanti e devono camminare all’indietro. Dante è profondamente turbato dall’immagine così stravolta dell’uomo, ma Virgilio lo rimprovera con durezza: questi dannati (gli indovini) non meritano alcuna compassione, perché in vita si macchiarono di un peccato d’orgoglio gravissimo, visto che forzarono il giudizio divino, tentando di conoscere le cose future.

Gli antichi indovini vv. 31-60

Virgilio indica fra quelle anime alcuni celebri indovini del mondo antico: Anfiarao, uno dei sette re che assediò Tebe e che predisse la propria morte; l’indovino Tiresia, tramutato in femmina perché aveva colpito col suo bastone due serpenti che si stavano accoppiando; dopo sette anni riacquistò il sesso maschile, colpendo nuovamente gli stessi serpenti avvinghiati l’uno all’altro; l’etrusco Arunte che interrogava le stelle dalla sua grotta in Lunigiana; Manto, figlia di Tiresia, che diede nome alla città di Mantova, perché lì la maga si stabilì fino alla morte, dopo che, alla morte del padre Tiresia, allontanatasi da Tebe, vagò a lungo fino a che giunse e si stabilì in una terra incolta e disabitata. Dopo la sua morte, gli abitanti che lì si insediarono edificarono la città di Mantova, presso il suo sepolcro.

Su richiesta di Dante, Virgilio gli indica altri indovini: il greco Euripilo, che al tempo della guerra di Troia, insieme all’indovino Calcante, stabilì il momento propizio per lasciare partire le navi greche, come narrato da Virgilio stesso nel II Libro dell’Eneide. E ancora: Michele Scotto, filosofo, astronomo e astrologo vissuto alla corte di Federico II; Guido Bonatti, anch’egli astronomo e astrologo; Asdente, un calzolaio della Parma del Duecento, diventato indovino. Infine, un gruppo di donne che, lasciate le attività femminili, si dedicarono alla magia.

La Luna al tramonto e il Sole ormai all’orizzonte rammentano a Virgilio che è ora di riprendere il cammino.

 

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