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Guido Cavalcanti – Decameron: nona novella, sesta giornata

La novella di Guido Cavalcanti è la nona novella della sesta giornata del Decameron di Giovanni Boccaccio. La sesta giornata ha per tema l’efficacia dei motti di spirito o delle argute risposte. In questa novella, narrata da Ellissa, si celebra l’intelligenza e l’ingegnosità umana.

Il protagonista della novella è Guido Cavalcanti (1259-1300), poeta stilnovista e grande amico di Dante, che con un motto di spirito rimette elegantemente al posto loro alcuni cavalieri fiorentini che lo avevano infastidito.

Guido Cavalcanti Decameron riassunto

Alcuni giovani aristocratici fiorentini, guidati da Betto Brunelleschi, stizziti sia dalla fama di Guido di essere seguace dell’epicureismo e di avere una visione materialista dell’esistenza, che nega l’immortalità dell’anima e l’esistenza di Dio, sia dal suo costante rifiuto di unirsi alla brigata, decidono di tendergli una sorta di bonaria imboscata, sorprendendolo solitario presso il cimitero dove il poeta-filosofo è solito ritirarsi a meditare, passeggiando tra i sepolcri di marmo.

Ai motteggi degli uomini, che ironizzano sulle sue presunte simpatie epicuree, Guido risponde lapidario che in casa loro possono dirgli ciò che vogliono e se ne va saltando agilmente oltre le tombe.

I componenti della brigata, rimasti confusi alle parole di Guido, cominciano a dire che è uno stupido, perché in quel luogo non erano a casa loro così come ogni altro cittadino, Guido compreso. Betto, capo della brigata, spiega loro che gli stolti sono loro perché non hanno capito che con quelle parole Guido li ha insultati velatamente: quelle tombe sono le case dei morti e dunque affermando che essi sono a casa loro, Guido vuole dire che loro e gli altri uomini ignoranti, che non sono letterati, a confronto con lui e con gli altri uomini colti, sono in tutto e per tutto somiglianti ai morti accanto cui stanno e che quella quindi è la loro casa.

Avendo ora compreso quello che Guido ha voluto dire loro, provano così tanta vergogna che da lì in poi non gli daranno certamente più fastidio e terranno in gran conto messer Betto, perché ha dimostrato di essere un brillante e intelligente cavaliere.

Quale immagine di Guido Cavalcanti emerge nella novella di Boccaccio?

Guido Cavalcanti rappresenta la realizzazione più alta dell’ideale di uomo vagheggiato da Boccaccio. Possiede infatti al grado di massima perfezione le virtù che lo scrittore ammira. Innanzitutto la cortesia: è «leggiadrissimo e costumato e parlante uom molto»; è poi generoso della sua ricchezza e sa onorare chi ritiene che lo meriti.

Guido possiede anche la virtù borghese dell’«industria», cioè prontezza ed energia nel cavarsi d’impaccio in situazioni difficili e nel superare ostacoli, anche grazie al dominio della parola. Ma Cavalcanti possiede un’ulteriore virtù, che lo distingue dagli altri e lo rende immensamente superiore ad essi: la cultura. Proprio a celebrare questa virtù è inteso il suo motto «Signori, voi mi potete dire a casa vostra ciò che vi piace», che costituisce il centro della novella. Esso viene a dire che senza la cultura l’uomo è come morto. Nella cultura risiede quindi l’essenza dell’uomo, ciò che lo distingue dagli altri esseri. La cultura è indispensabile a rendere l’uomo armonico e perfetto. Infatti i gentiluomini della brigata, nonostante possiedano la cortesia, sono equiparati ai morti, perché non hanno la cultura.

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