29 agosto 1862: nella battaglia dell’Aspromonte, in Calabria, Giuseppe Garibaldi viene ferito e arrestato, mentre cercava di risalire verso Roma e scacciarne Pio IX.
La battaglia dell’Aspromonte
Il 24 agosto 1862 Giuseppe Garibaldi sbarca a Melito, in Calabria, con 5000 volontari. Prende la via dei monti per sottrarsi alle truppe del generale Cialdini inviate contro di lui dal generale Rattazzi. Questi vuole impedirgli di procedere contro Roma.
Nel primo pomeriggio del 29 agosto 1862 Giuseppe Garibaldi viene attaccato da un battaglione di bersaglieri dell’esercito italiano, al comando del colonnello Pallavicini, nella foresta dei pini che corona l’Aspromonte. Garibaldi è colpito due volte, la prima alla coscia sinistra, la seconda al collo del piede destro.
Le condizioni della resa vengono trattate con il colonnello Pallavicini per ordine del generale Cialdini. I medici Albanese, Ripari e Basile si prendono cura del ferito. Garibaldi è dichiarato in arresto e tratto prigioniero a Genova, nel forte di Varignano (La Spezia). Pochi mesi dopo un’amnistia libererà, insieme con lui, tutti i volontari.
La battaglia dell’Aspromonte nel dipinto di Gerolamo Induno
Quando Gerolamo Induno (Milano, 1825-1890) presenta il dipinto “La discesa d’Aspromonte” (qui postato) all’annuale esposizione di Brera nel 1863, riscuote ammirazione e disappunto.
Il dipinto raffigura, infatti, il momento in cui Garibaldi, portato a spalla su una barella improvvisata, scende verso la costa. Garibaldi emerge sulla folla di teste e camicie rosse come un santo in processione: la sua spada, nelle mani di un soldato, marcia davanti a lui a simboleggiare il martirio. Tutti sono attoniti e silenziosi. Sulla destra la gente del posto, accorsa alla notizia. Una giovane popolana versa dell’acqua a un soldato, un anziano si toglie il cappello.
Aprono la strada il figlio Menotti (Domenico Menotti Garibaldi) in camicia rossa, lo sguardo incredulo, sorretto dal dottor Ripari: anche il ragazzo è ferito, la caviglia sinistra mostra un’improvvisa fasciatura; si sostiene appoggiandosi al fucile. Un soldato davanti a lui, rimuove pietre e massi d’intralcio al cammino.
Il pittore, Gerolamo Induno, è indicato dalle didascalie contemporanee tra i portantini, sulla sinistra, lo sguardo sollecito rivolto al ferito.