L’attacco a Pearl Harbor, la base navale americana nelle Hawaii, il 7 dicembre 1941 da parte del Giappone, fu un attacco a sorpresa, effettuato in assenza di una dichiarazione di guerra; determinò l’entrata in guerra degli Stati Uniti. L’incursione fu bollata dall’allora presidente degli Stati Uniti, Franklin Delano Roosevelt, come un evento «che vivrà nell’infamia».
Perché il Giappone ha attaccato Pearl Harbor?
Il Giappone, già impegnato dal 1937 in una guerra di conquista contro la Cina, aveva profittato del conflitto europeo per allargare le sue mira espansionistiche a tutti i territori del Sud-Est asiatico. Quando, nel luglio del 1941, i giapponesi invasero l’Indocina francese, Stati Uniti e Gran Bretagna reagirono decretando il blocco delle esportazioni verso il Giappone.
L’impero giapponese – paese industrialmente sviluppato ma povero di materie prime – si trovò a questo punto di fronte a una scelta: piegarsi alle richieste delle potenze occidentali, che esigevano il ritiro delle truppe giapponesi dall’Indocina e dalla Cina; o scatenare la guerra per conquistare nuovi territori e procurarsi così le materie prime di cui necessitava. Il governo giapponese scelse la strada della guerra.
Che cosa accadde nell’attacco a Pearl Harbor?
All’alba della domenica del 7 dicembre 1941, l’aviazione giapponese, comandata dall’ammiraglio Isoroku Yamamoto, con un’azione a sorpresa veloce e schiacciante, attaccò, senza previa dichiarazione di guerra, la flotta statunitense concentrata nella baia di Pearl Harbor, nelle Hawaii. In un solo attacco, della durata di due ore, la potente macchina da guerra americana fu distrutta in buona parte.
Nell’attacco a Pearl Harbor morirono 2331 soldati e 55 civili americani; i feriti furono 1139. Le navi danneggiate o distrutte furono nel complesso diciotto. 188 aerei statunitensi vennero distrutti al suolo, oltre 150 danneggiati. Le perdite giapponesi, al confronto, furono insignificanti: 55 uomini, 29 aerei, 5 minisottomarini.
Che cosa accadde dopo l’attacco Pearl Harbor?
Il giorno dopo, il presidente americano Franklin Delano Roosevelt tenne un discorso alla nazione: proclamò il 7 dicembre 1941 “Day of Infamy”, “Giornata dell’Infamia”, suscitando nel Paese un’ondata di furore, che gli fornì un valido motivo per partecipare al conflitto. Da tempo, infatti, il presidente americano Roosevelt era favorevole all’entrata in guerra, però la maggioranza dell’opinione pubblica era contraria al conflitto, anche perché esso si svolgeva lontano, in Europa, e non toccava i sentimenti degli Americani.
Pochi giorni dopo l’attacco a Pearl Harbor anche Germania e Italia dichiararono guerra agli Stati Uniti (11 dicembre 1941). Il Giappone infatti era la maggiore potenza dell’emisfero orientale e il principale alleato asiatico di Germania e Italia. A Germania e Italia, il Giappone era legato, dal settembre 1940, da un patto di alleanza detto Patto tripartito (anche detto “Asse Roma-Berlino-Tokyo”). Il conflitto diventò a questo punto veramente mondiale.
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