Roma in guerra contro Pirro (280 – 275 a.C.), riassunto di Storia schematico e scorrevole per conoscere e memorizzare rapidamente.
Le vicende delle guerre sannitiche delineavano un nuovo problema, il dilagare della potenza romana verso sud, che Taranto seguiva preoccupata.
Roma e Taranto
Perciò, nel 302 a.C., Taranto aveva stipulato un trattato in base al quale Roma si impegnava a non intromettersi nella zona di influenza tarantina e a non entrare con le proprie navi nel golfo della città.
Ma terminate le guerre sannitiche, nel 282 a.C. Roma non solo mandò aiuti militari a Turi, in Calabria, compresa nella zona di influenza tarantina, in crescente difficoltà nel fronteggiare la pressione delle popolazioni italiche (Sanniti, Lucani e Buzi), ma inviò anche una flotta di navi davanti al porto di Taranto.
I Tarantini reagirono attaccando e affondando le navi. L’episodio, gravissimo, fu l’inizio di una guerra. Taranto chiese allora l’aiuto di Pirro, re dell’Epiro, una regione montuosa della Grecia settentrionale. Pirro era il nipote di Alessandro il Molosso (la cui sorella era la madre di Alessandro Magno).
Roma in guerra contro Pirro
Pirro, mosso da mira espansionistiche (ma sicuramente anche il desiderio di ripetere le gesta di Alessandro Magno, il conquistatore dell’Oriente), accettò subito la richiesta di Taranto.
Sbarcò in Italia nella primavera del 280 a.C. con 25.000 uomini e 20 elefanti (giganteschi animali che i Romani non conoscevano e che chiamarono “buoi lucani”, ritenendoli erroneamente originari della Basilicata). Ottenne subito due grandi successi, a Eraclea nel 280 a.C. e ad Ascoli Satriano nel 279 a.C.
Queste vittorie costarono a Pirro perdite ingenti. A Eraclea morirono 6.000 Romani, ma anche 4.000 Greci.
Plutarco narra che «Gli eserciti si separarono; e, da quel che si dice, Pirro rispose a uno che gli esternava la gioia per la vittoria che “un’altra vittoria così e si sarebbe rovinato”. Questo perché aveva perso gran parte delle forze che aveva portato con sé, quasi tutti i suoi migliori amici e i suoi principali comandanti; non c’erano altri che potessero essere arruolati, e i confederati italici non collaboravano».
Pertanto, Pirro propose a Roma trattative di pace, ma non se ne fece nulla. I Romani potevano infatti contare sulla lealtà di molte popolazioni italiche e sicuramente potevano mettere in campo molti più uomini di Pirro e assorbire meglio le perdite.
Il re decise allora di passare in Sicilia per portare aiuto alle colonie greche, minacciate dai Cartaginesi.
La spedizione di Pirro in Sicilia
La spedizione di Pirro in Sicilia non fu però fortunata. Dopo iniziali successi infatti dovette ritirarsi, sia per la tenace resistenza dei Cartaginesi, sia per lo scontento che si diffuse tra i Greci di fronte alle gravose richieste per sostenere le spese militari.
Abbandonò allora le sue ambizioni in Sicilia e rientrò nella penisola. Qui i Romani e i loro alleati lo sconfissero nel 275 a.C. presso Malevento (ribattezzata Benevento in ricordo della vittoria).
Pirro per non cadere prigioniero dei Romani, ritornò precipitosamente nel suo regno con ciò che restava del suo esercito. Taranto rimase sotto assedio altri tre anni, capitolando nel 272 a.C.: Roma ora aveva sottomesso l’intera Magna Grecia.
Pirro morì nel 272 a.C. in combattimento ad Argo.
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