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Marziale, poeta romano: la vita e gli epigrammi

Marco Valerio Marziale nacque il 1° marzo del 40 d.C. a Bilbili, nella Spagna Tarragonese. Intorno al 64 d.C. si trasferì a Roma, dove conobbe, tra gli altri, Quintiliano, Plinio il Giovane e Giovenale. Per vivere Marziale dovette adattarsi al mestiere di poeta in qualità di cliente.

Liber de spectaculis

Nell’80 d.C. pubblicò il Liber de spectaculis, una raccolta di 33 epigrammi in distici elegiaci composti in occasione dell’inaugurazione dell’Anfiteatro Flavio e dedicata all’imperatore Tito.

In essi sono descritti i vari spettacoli offerti al pubblico in occasione dell’inaugurazione del Colosseo (pantomime, rappresentazioni di miti, scene di caccia, lotta tra uomini e belve, duelli tra gladiatori, ecc.).
L’imperatore gli concesse lo ius trium liberorum, un sussidio assegnato ai padri di tre figli, nonostante Marziale non avesse né moglie né figli. Mantenne tale sussidio anche sotto il successore di Tito, Domiziano, che lo nominò anche tribunus militum (tribuno militare) e con esso ottenne il rango equestre.

Xenia e Apophoreta

Nell’84 o 85 d.C., Marziale pubblicò altre due raccolte: Xenia e Apophoreta.

I titoli, dati dall’autore stesso, significano rispettivamente “doni per gli ospiti” e “doni da portar via”.

Gli epigrammi della prima raccolta infatti accompagnavano i doni che i Romani usavano scambiarsi in occasione dei Saturnali; quelli della seconda raccolta accompagnavano i doni che alla fine di un convito erano sorteggiati tra i commensali. Il sorteggio, assegnando i doni non secondo logica ma secondo il caso, provocava situazioni imbarazzanti e divertenti (un dentifricio a chi non aveva i denti, un pettine ad un calvo, ecc.), che gli epigrammi riproducevano con fine arguzia.

Gli Xenia si compongono di 124 epigrammi, più tre introduttivi; gli Apophoreta ne contengono 221 più due introduttivi, tutti in distici elegiaci.

Gli ultimi anni di Marziale

Dopo la morte di Domiziano, nel 96, Marziale tentò di rendersi gradito ai nuovi principi, Nerva prima, Traiano poi.

I suoi sforzi però risultarono vani, forse perché i suoi epigrammi, nei quali spesso non manca un linguaggio osceno e volgare, mal si conciliavano con la politica di moralizzazione dei costumi.

Marziale tornò quindi al suo paese natio, Bilbili, dove una ricca vedova, sua ammiratrice, Marcella, gli fece dono di una casa e di un podere.

La morte

Marziale morì tra il 103 e il 104 d.C. come si deduce da una lettera del suo amico Plinio il Giovane. Egli annuncia la morte del poeta ed esprime anche un giudizio critico non del tutto favorevole sulla sua poesia, chiamando “piacevoli” i suoi epigrammi ma anche “non destinati all’eternità”.

Gli Epigrammi di Marziale

Di Marziale ci sono giunti 15 libri di epigrammi, compresi il Liber de spectaculis, e le due raccolte, Xenia e Apophoreta, che costituiscono i libri XIII e XIV.

Gli altri 12 libri della raccolta, che conta complessivamente ben 1555 epigrammi, furono pubblicati dal poeta a più riprese, tra l’85 e il 102 d.C., e senza titoli.

Rispetto ai tre libri prima esaminati, questi 12 libri contengono epigrammi per lo più satirici, attraverso i quali il poeta ritrae i difetti e i vizi dell’umanità che lo circonda. C’è il medico che ammazza il paziente invece che guarirlo; il vanitoso che si fa accompagnare da gente in toga con denaro preso in prestito dai banchieri (II, 74); il truffatore che brucia la casa per ricavare di più per mezzo delle offerte degli amici impietositi (III, 5); il donatore che si lamenta perché il beneficato non parla del beneficio ricevuto.

Un posto rilevante è riservato alla donna. Fatte poche eccezioni, il mondo femminile esce piuttosto malconcio dalle pagine del poeta Marziale. C’è Lesbia che gode ad essere osservata mentre giace col suo amante (I, 34); Galla che spende tutto il suo patrimonio per riscattare l’amante suo schiavo (II, 34); Fescennia l’ubriacona (I, 87) che cerca di nascondere l’odore del vino trangugiando pasticche comprate dal profumiere Cosmo: la situazione, però, non cambia, anzi peggiora, perché il puzzo diviene ancora più insopportabile (di qui la battuta finale: «Lascia dunque una frode già nota e un inganno scoperto; e contentati d’essere, semplicemente, briaca»); c’è Lalage che fa ammazzare a suon di vergate la serva perché nel pettinarla le ha lasciato un ricciolo fuori posto (II, 66).

Un posto di rilievo spetta all’epigramma funerario, perché mostra quanto egli sappia essere anche autore di delicati versi, segno della presenza in se stesso di una vena lirica. Famoso è a tal proposito l’epigramma in cui piange la morte prematura di Erotion, una bambina di sei anni. Il poeta, con un’immagine bellissima, si rivolge alla terra e la invita a non pesare sul suo corpicino, visto che la bambina non lo aveva fatto su di essa da viva (V, 34). Spiccano ancora l’epigramma per lo schiavo Alcimo, morto ancora fanciullo (I,88); quello per il piccolo Urbico venuto a mancare prima di compiere tre anni (VII, 96).

Marziale godette sia del favore popolare sia di quello della classe politica, perché la sua poesia non ebbe mai intento moralistico. Marziale si limitava infatti a dipingere gli aspetti della vita del suo tempo senza giudicare né condannare e nessuno dei suoi epigrammi ebbe connotazione politica.

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