I Mani e i Lemuri, nell’antica Roma, erano le anime dei morti e presso i Romani – profondamente certi dell’immortalità dell’anima – c’era la convinzione che le anime dei morti, o meglio i Mani e i Lemuri, ritornassero alle loro case.
I Mani ritornavano in famiglia per assicurare il loro sostegno e la loro benevolenza: erano quindi divinità buone. Come Vesta, i Lari e i Penati, anche i Mani erano considerati divinità protettrici del focolare domestico e oggetto di culto sia in ambito familiare che cittadino.
I Lemuri, invece, erano le anime degli antenati defunti non considerate benevole, ma ostili per qualche mancanza a loro riguardo e allora si tenevano lontani con determinate cerimonie. Racconta infatti Ovidio (43 a.C.- 8 d.C.), nella sua opera Fasti, che in giorni stabiliti (7, 9, 11, 13 e 15 maggio) le porte dei templi restavano chiuse, mentre il pater familias recitava nella propria casa formule di scongiuro e lanciava per nove volte, alle proprie spalle, piccole manciate di fave nere, per liberarla appunto dai Lemuri.
I Mani invece venivano evocati e richiamati presso la loro casa d’origine della quale dovevano diventare fedeli custodi.
Due erano le feste principali nelle quali il culto dei morti era particolarmente sentito: i Rosaria, durante i quali le tombe dei defunti venivano ornate con rose e viole e i Parentalia. I Parentalia venivano indette alla fine di febbraio e duravano per dieci giorni, durante i quali si facevano sacrifici di animali e ogni attività era sospesa, perfino la celebrazione dei matrimoni.
Degna di menzione è il Lapis Manalis, la pietra dei Mani, interrata nel Mundus, la fossa circolare che in ogni città era adibita alle anime dei trapassati che da essa risalivano in superficie (nella città di Roma il Mundus si trovava sul Palatino). Il Lapis Manalis veniva rimossa dal Mundus in tre occasioni: il 24 agosto, il 5 ottobre e l’8 novembre. In questi tre giorni le anime dei defunti potevano ritornare nel mondo dei vivi e aggirarsi per la città.
La cerimonia si svolgeva nel seguente modo: si organizzava una pubblica processione alla quale partecipavano i magistrati della città che per l’occasione non portavano alcun indumento di porpora, ma abiti semplici e dimessi; erano accompagnati dai littori, che portavano i fasci rivolti verso terra. Nella città di Roma, la processione andava dalla Porta Capena al Campo Marzio; i Pontefici reggevano la pietra dei Mani, invocandoli.
La Pietra dei Mani veniva rimossa anche quando si manifestavano lunghi periodi di siccità: posta nei campi, si implorava la benevolenza degli dèi.