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Ario e l’Arianesimo riassunto

Chi era Ario

Ario era un monaco eresiarca nato in Libia nel 256; nel 306 partecipò allo scisma di Melezio di Licopoli, che si opponeva alla riammissione dei lapsi (i cristiani che durante la persecuzione rinnegarono la loro fede). Distaccatosi da questi, nel 308 fu fatto diacono e poi nel 310 ordinato sacerdote, ad Alessandria. Quando fu incaricato di predicare a Bàucalis, i suoi discorsi cominciarono a collocarsi al di fuori dell’ortodossia cristiana (ortodossia, “retta opinione”, dal greco orthós “retta” e doxa “opinione”).

Ario e l’Arianesimo

Ario predicava la dottrina che egli stesso aveva elaborato e che chiamò, dal suo nome, Arianesimo.

Ario sosteneva che solo il Padre può considerarsi veramente Dio (ingenerato, non creato, eterno e immutabile); Gesù, invece, non ha la stessa natura (divina) del Padre, ma ha cominciato a esistere per un atto di volontà del Padre (e non generato dal Padre), sia pure la più eccellente di tutte le creature e la più vicina alla divinità. Il Figlio quindi rimane sempre subordinato al Padre e di conseguenza l’incarnazione e la resurrezione di Cristo non sono eventi divini.

La risposta della Chiesa fu energica. Dapprima le posizioni di Ario furono condannate dal vescovo Alessandro, poi dal Concilio di Alessandria del 321. Fu allora che Ario si ritirò presso l’amico Eusebio, vescovo di Nicomedia.

Intanto la posizione di Ario e degli ariani si rafforzava e questo indusse l’imperatore Costantino a convocare nel 325, a Nicea, il primo concilio ecumenico della storia, presieduto dall’imperatore stesso.

Il Concilio ecumenico di Nicea elaborò la formula della “consustanzialità”, la cosiddetta homousìa (dal greco homós, “identico” e ousía, “natura”), con la quale si voleva affermare il concetto secondo cui il Figlio è della stessa “sostanza” del Padre, cioè della stessa “natura” del Padre. Quindi il Concilio di Nicea definì solennemente che Gesù Cristo, Figlio di Dio

è della stessa sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, consustanziale del Padre, per mezzo del quale tutte le cose sono state create: quelle del cielo e quelle della terra.

Con questa definizione, vincolante per tutti coloro che si confessano cristiani, furono fissate le caratteristiche essenziali della comprensione cristiana di Dio.

In seguito al Concilio di Nicea, Ario fu prima esiliato, poi riabilitato da Costantino dopo il 330. In seguito fu riammesso nella Chiesa di Costantinopoli, ma, prima di giungervi, fu colpito da morte improvvisa. Era il 336.

L’Arianesimo, però, continuò ad accendere i cuori dei fautori e degli avversari, anche perché spesso le posizioni di entrambi erano “contaminate” da interessi politici di parte. Gli imperatori, ad esempio, ora lo difendevano ora lo avversavano, a seconda se essi fossero o meno in sintonia con la Chiesa.

Dopo il Concilio di Costantinopoli (381), che confermò il Credo Niceno, l’Arianesimo sopravvisse solo presso le popolazioni germaniche cristianizzate dal vescovo goto Ulfila (traduttore della Bibbia in lingua gotica).

L’Arianesimo conobbe una grande diffusione tra i popoli germanici almeno fino al VII secolo. Essi, infatti, consideravano l’Arianesimo un elemento di distinzione rispetto ai Romani, vinti e sottomessi.
In seguito, la regina Teodolinda, fervente cattolica, si adoperò con l’aiuto di papa Gregorio Magno per la conversione dei Longobardi.

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