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Ghetto: dalla prima istituzione a oggi

Il 29 marzo 1516 nella Repubblica di Venezia nasceva il primo ghetto d’Europa, una zona dove gli ebrei dovevano obbligatoriamente abitare e dalla quale non potevano uscire dal tramonto all’alba.

Per comprendere come il governo veneziano arrivò a questa soluzione è necessario partire da lontano.

Gli ebrei erano da sempre percepiti come diversi ed erano appena tollerati (per un approfondimento leggi Antisemitismo – La Storia). Spontaneamente quindi tendevano a vivere in gruppo. Era loro proibito possedere e coltivare terre, e quindi la città era un approdo inevitabile. Già dal 1200 iniziarono a formarsi i primi quartieri riservati agli ebrei in Germania, Spagna e Portogallo, dove le tensioni razziali erano più acute.

Il tipico quartiere ebraico comprendeva, oltre alle case, la sinagoga, la scuola, la macelleria (le regole della cucina ebraica prescrivono un diverso modo di macellazione ed escludono dal consumo maiale, coniglio e cavallo).

Nei quartieri gli ebrei erano appartati ma liberi. Il ghetto era invece chiuso da cancelli sorvegliati e il suo accesso era rigidamente regolamentato negli orari.

Nella seconda metà del Trecento Venezia era in un momento difficile: a causa delle guerre con Verona, Genova e Chioggia e dell’epidemia di peste del 1348 il commercio aveva subito una battuta d’arresto, la circolazione monetaria era diminuita e il numero dei poveri aumentato. Il Senato, per rivitalizzare gli scambi e l’economia e ripristinare gli equilibri sociali, approvò una legge che autorizzava il prestito a interesse, fino ad allora bandito per motivi religiosi. Il governo imponeva tasse ai prestatori e controllava il tasso di interesse, che era fisso.

In breve tempo i prestatori furono quasi esclusivamente ebrei. L’usura era infatti una delle pochissime attività che fosse loro concessa, insieme all’esercizio della medicina.

Tra governo e usurai iniziò una lunga trattativa. Agli ebrei era offerto il permesso di soggiorno e si prospettava l’organizzazione di un quartiere riservato ma in cambio erano costretti a pagare tasse molto alte. A ogni contrasto o protesta il governo ritardava la concessione del quartiere che aveva promesso e che gli ebrei desideravano. Il governo veneziano proteggeva però la loro completa libertà di culto e questo spiega il continuo afflusso di ebrei a Venezia da tutta Europa.

Nel corso degli anni la situazione economica e sociale di Venezia migliorò e le tensioni con gli ebrei divennero più aspre e frequenti. Dopo aver accumulato ricchezze prestando denaro a interesse, gli ebrei sembravano ormai troppo influenti e il governo decise di proibire loro l’acquisto di beni immobili e li costrinse a indossare un distintivo giallo. Il gesto più risoluto fu l’espulsione dalla città nel 1426 (annullata cinquant’anni dopo) ma gli ebrei si trasferirono nella vicina Mestre continuando a recarsi a Venezia per i loro affari.

Nel frattempo montava una polemica ideologica e religiosa contro il prestito a interesse, promossa dai Francescani, che portò all’istituzione dei cosiddetti Monti di pietà in molte città italiane. Era una soluzione di tipo assistenziale, che prevedeva la formazione di un capitale grazie alle donazioni dei cittadini più ricchi, da cui si erogavano prestiti senza interesse in cambio di un “pegno” che, se non riscattato entro sei mesi, era messo all’asta. Gli ebrei, sempre più malvisti e odiati, continuavano però la loro attività di usura, solida e professionalmente organizzata.

Nel 1502 il Senato varò un nuovo provvedimento, che dimostrava quanto gli ebrei fossero ormai importanti nell’equilibrio dell’economia veneziana: fu loro concesso di abitare a Venezia e di circolare liberamente senza distintivo. Inoltre, in caso di guerra o pericolo, anche gli ebrei residenti in terraferma potevano trasferirsi in città.

Nel 1508-9 la situazione si complicò a causa della guerra mossa contro Venezia dalla Lega di Cambrai promossa da Giulio II, che vedeva schierati Francia, Sacro Romano Impero, Regno di Napoli. Nella sconfitta di Agnadello, Venezia perse molte città dell’entroterra e dovette accogliere tutti gli ebrei fuggiti da lì. Ma soprattutto si diffuse un clima di paura e odio: i predicatori cristiani insinuavano che la sconfitta fosse un castigo divino per la tolleranza mostrata dal governo veneziano verso gli ebrei e che la città, se voleva ritrovare pace e benessere, dovesse correggere il proprio orientamento.

Gli ebrei erano quindi guardati con ostilità e sospetto e percepiti come doppiamente estranei, da un punto di vista religioso ed etnico. Nella tollerante Venezia erano convenuti infatti i fuggitivi dalla Germania, dall’Europa dell’est, dall’Oriente e dalla Spagna (dopo l’espulsione del 1492).

Due anni dopo il Senato, bisognoso di entrate, concesse loro di aprire nove negozi di merce usata nel mercato di Rialto dietro versamento di una somma molto elevata. Il malcontento della popolazione veneziana crebbe e l’anno dopo si discusse in Senato la possibilità di confinare tutti gli ebrei nell’isola di Giudecca ma non si giunse ad alcun accordo.

Nel 1516 arrivò la drastica decisione: gli ebrei sarebbero stati mandati nel cosiddetto Ghetto Novo, denominato così perché sede di una fonderia (dal veneziano gheto, “fonderia”) ormai in disuso.

Le pene per gli ebrei che fossero stati sorpresi fuori dal ghetto negli orari proibiti oscillavano dalla multa alla reclusione per due mesi.

Nonostante tutto, la vita nel ghetto veneziano scorreva. I gruppi di diverse nazionalità convivevano pacificamente: l’etnia tedesca era la più numerosa, seguita da quella italiana, quella levantina (che comprendeva gli ebrei provenienti da Oriente) e quella spagnola. Costruirono le loro sinagoghe o “Scole”, per un totale di nove. Le case nel ghetto sono tra le più alte di Venezia perché man mano che la comunità cresceva si edificavano nuovi piani nelle case preesistenti.

Dopo Venezia l’istituzione si diffuse in tutta Italia (nel 1555, papa Paolo IV sanciva la nascita del ghetto di Roma) – soprattutto negli anni della Controriforma – e in Europa e dovunque fu chiamata “ghetto”.

I ghetti ebraici furono soppressi poco a poco dopo la Rivoluzione francese. Il ghetto veneziano fu eliminato da Napoleone, che conquistò la Repubblica nel 1797 ed equiparò gli ebrei agli altri cittadini, annullando ogni forma di segregazione. L’annessione di Venezia al Regno d’Italia confermò questa disposizione.

Nel primo Novecento, però, la storia dei ghetti conobbe una nuova fase, connessa con il genocidio nazista.

Oggi il ghetto veneziano è un luogo sereno e tranquillo. Ospita le cinque sinagoghe rimaste, un Museo Ebraico e un Monumento all’Olocausto, realizzato nel 1980 per non dimenticare le vittime ebree della persecuzione e dello sterminio perpetrati dal regime nazista durante la seconda guerra mondiale.

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