Amor cortese o «fin’amor» Riassunto di Letteratura italiana schematico e completo per conoscere e memorizzare rapidamente
Il concetto di Amor cortese o «fin’amor» (l’amore perfetto), sorto nelle raffinate corti francesi, appare per la prima volta, nel corso del XII secolo, nella poesia lirica dei trovatori provenzali, ma avrà lunga fortuna, influenzando profondamente la Scuola siciliana, gli Stilnovisti, e Dante.
Gli elementi che caratterizzano l’amore cortese furono definiti da Andrea Cappellano, nel trattato De amore (Sull’amore), scritto in latino fra il 1174 e il 1204.
Andrea Cappellano, rifacendosi alla trattatistica corrente ma anche alla lezione dell’Ars amandi (L’arte di amare) di Ovidio, descrive la natura dell’amore, indica come conquistare la donna amata e spiega come si possa mantenere l’amore.
Temi tipici dell’amor cortese sono:
- la lode delle doti fisiche e spirituali della donna amata, della sua superiorità su tutte le altre, della sua eccelsa bellezza;
- l’atteggiamento di riverenza dell’amante nei confronti della donna amata, intesa come domina o signora; essa è depositaria di ogni virtù e di fronte a lei l’amante deve essere umile servitore, così come un fedele vassallo rende il doveroso omaggio feudale al suo signore;
- la speranza di ottenere una ricompensa della donna in cambio della “servitù d’amore”;
- la rassegnazione, dettata dall’orgoglio, se la donna non corrisponde alle profferte d’amore;
- la necessità di nascondere i propri sentimenti e di difendersi dai “malparlieri”, cioè gli invidiosi che sparlano dell’amore altrui;
- la nostalgia dell'”amore da lontano”, in assenza della donna amata;
- il rimpianto per le gioie d’amore perdute.
L’amor cortese si svolge rigorosamente fuori dal matrimonio, poiché si tratta sempre di una donna già sposata. Anzi, si teorizza che nel matrimonio non può esistere veramente “amor fino”. Ciò si spiega anche col fatto che, nelle classi alte, il matrimonio era un puro e semplice contratto, stipulato per ragioni dinastiche o economiche, in cui il sentimento non c’entrava nulla.
Se vissuta secondo i principi stabiliti, l’esperienza amorosa, anche nell’insuccesso, determinava un accrescimento delle virtù e del valore dell’innamorato.