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Riassunto capitolo 14 Promessi Sposi

Riassunto capitolo 14 Promessi Sposi. Scopriamo insieme cosa succede nel capitolo 14 dei Promessi Sposi.

Riassunto capitolo 14 Promessi Sposi

Il capitolo 14 de I promessi sposi è il primo capitolo dedicato da cima a fondo a Renzo e inaugura un gruppo di capitoli, dal 14 al 17, interamente riservato a questo personaggio.

Nel capitolo 14 dei Promessi Sposi, Renzo parla lungo tutto il capitolo. Prima per strada, in mezzo a un crocchio; poi nell’interno di un’osteria, con l’oste, con la guida, con gli avventori, fra un boccone e l’altro di stufato e i molti bicchieri di vino. Queste parole sono tutte intrise di esperienza personale, quella da lui vissuta dall’8 all’11 novembre: dall’incontro con don Abbondio a quello con Ferrer.

Così, mentre molti se ne tornano a casa, poiché si è fatto sera, alcuni si fermano a parlare e si scambiano opinioni. Anche Renzo dice la sua, con tale foga da attirare subito l’attenzione e divenire il centro d’interesse d’un crocchio, al quale tiene un piccolo comizio.

Le sue personali disavventure, associate ai problemi collettivi in cui è stato coinvolto, hanno fatto maturare in lui precise convinzioni: il mondo deve andare «un po’ più da cristiani»; ci sono persone malvagie («tiranni») che agiscono contrariamente ai precetti dati da Dio («fanno proprio al rovescio de’ dieci comandamenti»); le leggi ci sono, ma non vengono applicate («ma non se ne fa nulla»), perché c’è una «lega», ovvero un accordo fra i prepotenti.

L’unica soluzione, afferma Renzo, è di «andar da Ferrer, e dirgli come stanno le cose», denunciando anche lo scarso rispetto dei delinquenti per le sue grida.

Renzo sta rapidamente prendendo coscienza che il mondo non finisce nel suo paesello e che la vita è disseminata di piccole e grandi violenze da cui bisogna difendersi. Tuttavia è ancora molto ingenuo: crede a ciò che vede senza sospettare malizia o sotterfugi. E’ davvero convinto che Ferrer sia sinceramente affezionato al popolo milanese; che i sorrisi distribuiti senza risparmio poche ore prima corrispondano a un animo ben disposto e generoso e che le sue parole riflettano l’intenzione reale di far trionfare la giustizia.

Nel crocchio c’è anche uno sbirro travestito, che si è mescolato alla folla per scoprire i capi della rivolta e consegnarli alla giustizia. Si offre di accompagnare Renzo, allorché questi chiede che gli venga indicata un’osteria «per mangiare un boccone» e riposarsi. L’intenzione reale dello sconosciuto è di condurlo in prigione, ma Renzo dopo un po’ di cammino vede «un’insegna d’osteria» e decide di entrare senza andare oltre e con lui entra anche lo sconosciuto.

Riassunto capitolo 14 Promessi Sposi

Renzo e lo sconosciuto accedono all’osteria, passando prima per un «usciaccio», sopra il quale pende l’insegna della Luna Piena; poi «per un cortiletto»; infine, entrano in cucina: due lumi, pendenti dal soffitto di legno, danno una luce fioca e ambigua a tutta la stanza, dove regna un gran chiasso.

C’è un’unica tavola stretta e lunga, alla quale, su due panche, sono seduti in molti; sparsi qua e là «tovaglie e piatti»; «carte voltate e rivoltate, dadi buttati e raccolti; fiaschi e bicchieri» e poi monete che passano di mano in mano.

A servire a quell’unico tavolo, che funge anche da tavolo da gioco, c’è un garzone che si muove trafelato («innanzi e indietro, in fretta e furia»).

Sotto la cappa del camino, su una piccola panca, siede l’oste: ha una «faccia pienotta e lucente» (proprio come la luna piena, che è poi il nome dato alla sua osteria); «una barbetta, folta, rossiccia, e due occhietti chiari e fissi».

L’oste sembra occupato a disegnare nella cenere, in realtà non gli sfugge nulla: è un furbo che sa nascondere benissimo le sue emozioni e i suoi pensieri. Non lascia trapelare né il disappunto alla vista della spia che ben conosce né la curiosità circa l’identità di Renzo.

Renzo ordina all’oste dello stufato e l’oste dichiara prontamente di non aver pane.

Questa affermazione produce le prime compromettenti dichiarazioni di Renzo: alza per aria «il terzo e ultimo di que’ pani raccolti sotto la croce di San Dionigi» e dichiara che si tratta del «pane della Provvidenza». Nessuno crede che non sia stato rubato e meno che mai il poliziotto che, anzi, si convince che Renzo abbia partecipato all’assalto al forno delle grucce (leggi Promessi Sposi capitolo 12 Riassunto) e abbia attivamente contribuito al dilagare della rivolta.

Renzo, incalzato dalla spia, dichiara di voler dormire nell’osteria per quella notte e l’oste torna da lui con carta, penna e calamaio. Renzo si contraria, ma l’oste gli recita il contenuto della grida, che impone agli osti di registrare nome, cognome, luogo d’origine, motivo del soggiorno a Milano, eventuali armi in possesso dell’avventore, durata del soggiorno.

Ma Renzo continua a bere vino; le sue facoltà si appannano; fa «conto d’esser dottor di legge»; accusa i dottori di non rispettare le leggi e si rifiuta di obbedire alla grida («comanda chi può, e ubbidisce chi vuole»).

L’oste non fiata, a lui basta aver dimostrato di aver compiuto il suo dovere; non gli importa nulla di Renzo né delle gride e così torna a sedere sotto la cappa del camino a disegnare figure nella cenere e inizia un soliloquio: è inviperito contro Renzo per la posizione difficile in cui lo ha messo. Ora si trova costretto a denunciarlo, perché non gli ha dichiarato le sue generalità in presenza del poliziotto; non può rischiare di passare per complice di colui che tutti, ormai, credono sia uno dei capi della rivolta.

Renzo è completamente ubriaco e il sedicente «Ambrogio Fusella, di professione spadaio, con moglie e quattro figliuoli» gli illustra un interessante «progetto»: distribuire il pane in ragione delle bocche da sfamare. Renzo, offuscato dal vino e entusiasmato dalla proposta, incautamente gli dice il suo nome e cognome e non fa attenzione che tutto è messo su carta, con tanto di penna e calamaio.

Ottenuto ciò che voleva, il poliziotto se ne va, mentre Renzo diventa oggetto di scherno («lo zimbello») da parte degli avventori: lo canzonano, si divertono ai suoi atteggiamenti da ubriaco, alle sue parole insensate.

Per fortuna (e di questo Manzoni se ne compiace) Renzo, guidato dall’istinto, non pronuncia il nome di Lucia e risparmia alla fanciulla di divenire oggetto di divertimento «di quelle lingue sciagurate».

Questo articolo è tratto dall’ebook “Guida ai Promessi Sposi” in vendita su
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