Iqbal Masih, oggi conosciuto in tutto il mondo, nasce nel 1983 a Muridke, in Pakistan, un paese molto povero ai confini dell’India. Ha solo quattro anni quando suo padre lo vende come lavorante a un fabbricante di tappeti per 12 dollari.
Picchiato, sgridato e incatenato al suo telaio, Iqbal lavora per più di dodici ore al giorno, assieme a tanti altri bambini che tessono tappeti in Pakistan.
Un giorno del 1992, Iqbal Masih e altri bambini escono di nascosto dalla fabbrica di tappeti per assistere a una manifestazione organizzata dal Fronte di Liberazione del Lavoro Schiavizzato (BLLF). Per la prima volta Iqbal sente parlare di diritti e di bambini che vivono in condizioni di schiavitù, proprio come lui. Ha la fortuna di conoscere l’avvocato Eshan Ullah Khan, che da quel momento lo mette sotto la protezione del BLLF.
Spontaneamente inizia a raccontare la sua storia. Il suo improvviso discorso fa scalpore e nei giorni successivi viene pubblicato dai giornali locali. Iqbal decide che non vuole tornare a lavorare in fabbrica e comincia a raccontare la sua storia sui teleschermi di tutto il mondo: diventa l’eroe simbolo dei bambini schiavi. Il suo sogno è di diventare avvocato per difendere i bambini. In una conferenza al Palazzo di Vetro dell’ONU a New York dichiara che gli unici strumenti di lavoro adatti a un bambino devono essere penne e matite.
La sua libertà però è breve. Il 16 aprile 1995, sicari della “mafia dei tappeti” gli sparano a bruciapelo mentre corre in bicicletta con due cuginetti, nella sua città natale, Muridke. Ha solo 12 anni.
Per ricordare Iqbal Masih e i tanti bambinni come lui, a partire dal 2002 l’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha proclamato la Giornata mondiale contro il lavoro minorile, celebrata il 12 giugno.
Nel mondo sono centinaia di milioni i bambini costretti a lavorare numerose ore al giorno, esposti alle peggiori forme di sfruttamento, con gravi conseguenze sulla loro salute fisica e sul loro equilibrio psichico. E il fenomeno del lavoro minorile non riguarda solo i Paesi poveri, ma anche gli Stati Uniti e l’Europa.
È la povertà la causa del lavoro minorile: in condizioni di vita più dignitose, i genitori non sarebbero costretti a far lavorare i loro figli e potrebbero restituirli ai giochi, alla scuola, agli amici.