Guelfi Bianchi e Guelfi Neri furono le due fazioni in cui si divisero i Guelfi di Firenze verso la fine del XIII secolo, dopo la definitiva disfatta dei Ghibellini a seguito della sconfitta e morte di Manfredi sul campo di Battaglia di Benevento (1266).
I Guelfi Bianchi (i ricchi mercanti) erano capitanati dalla influente famiglia fiorentina dei Cerchi. I Guelfi Bianchi anche se sostenitori del papa, ne rifiutavano l’ingerenza nel governo della città e nelle decisioni di varia natura.
I Guelfi Neri (i nobili proprietari terrieri) erano capitanati dall’altra famiglia influente di Firenze, i Donati. I Guelfi Neri erano strettamente legati al papa per interessi economici e ne ammettevano il pieno controllo negli affari interni di Firenze e incoraggiavano anche l’espansione dell’autorità pontificia in tutta la Toscana.
Tra il 1295 e il 1301 Guelfi Bianchi e Guelfi Neri governarono la città alternandosi, fino a quando papa Bonifacio VIII – che voleva ridurre la Toscana a provincia del patrimonio di San Pietro – inviò Carlo di Valois, fratello del re di Francia, a Firenze per sostenere i Guelfi Neri.
Il 1° novembre 1301 le truppe angioine di Carlo di Valois entrarono a Firenze e i Guelfi Neri si impadronirono del potere. I principali esponenti della parte avversa – i Guelfi Bianchi – vennero subito condannati all’esilio: Dante, che apparteneva alla fazione dei Guelfi Bianchi, fu tra i primi.
Dante – che in quei giorni si trovava fuori Firenze, perché partecipava all’ambasceria presso Bonifacio VIII per convincerlo a evitare l’intervento francese – venne condannato in contumacia (era il 27 gennaio 1302) con una sentenza che lo condannava di baratteria (cioè di corruzione nell’esecizio di funzioni pubbliche), di illeciti guadagni, di opposizione al pontefice e a Carlo di Valois. Gli venne inoltre imposto di pagare cinquemila fiorini, di stare confinato per due anni e di essere escluso in perpetuo dai pubblici uffici.
Dante non accettò la condanna e non si presentò a pagare e a giustificarsi. Allora, con una seconda sentenza – del 10 marzo 1302 – venne condannato a essere bruciato vivo se fosse entrato nel territorio del Comune di Firenze. Ebbe inizio il lungo esilio di Dante: il poeta non ritornò mai più nella sua città natale.