I limoni Montale. Ve ne diamo la parafrasi, l’analisi, il commento, lo stile e le figure retoriche
I limoni Montale parafrasi
Ascoltami, i poeti ufficialmente riconosciuti (i poeti laureati) amano parlare, nei loro componimenti poetici, soltanto di piante rare e preziose (piante dai nomi poco usati) come i bossi, i ligustri e gli acanti.
Io, per quanto mi riguarda (Io, per me), amo le strade che conducono a fossi ricoperti di erba, dove i ragazzi in pozzanghere mezzo seccate afferrano qualche magra (sparuta) anguilla: i piccoli sentieri (le viuzze) che corrono lungo le sponde dei fossati (i ciglioni), discendono fino alle cime delle canne e portano (mettono) negli orti, tra gli alberi dei limoni.
Meglio se gli stormi degli uccelli si allontanino nel cielo, in modo che il frastuono delle loro grida (gazzarre) si perda in lontananza, perché così si può udire più chiaramente il sussurro dei rami di limoni (amici) nell’atmosfera quasi immobile, e si può percepire quest’odore che non sa staccarsi da terra e fa discendere in petto una dolcezza inquieta.
Qui, come per miracolo, non si avverte più lo scontro violento (guerra) delle passioni deviate (divertite), qui anche per noi semplici uomini c’è il nostro premio (la nostra parte di ricchezza) che è l’odore dei limoni.
Vedi, in questi silenzi in cui le cose si lasciano andare (s’abbandonano) e sembrano vicine a svelare il mistero della vita (tradire il loro ultimo segreto), talvolta ci si aspetta di poter cogliere un’eccezione, un punto di rottura, un filo che ci conduca a districare (disbrogliare) la matassa e ci riveli la verità delle cose.
Lo sguardo scruta attorno a sé, la mente indaga stabilendo legami e distinzioni fra gli aspetti della realtà, dietro lo stimolo del profumo dei limoni che si diffonde intorno (dilaga), quando la luce diminuisce per l’avvicinarsi del tramonto.
In questi momenti di grazia (sono i silenzi) in ogni figura umana che si allontana sembra di riconoscere un dio, disturbato dalla presenza dell’uomo.
Ma il miracolo in realtà non si verifica (Ma l’illusione manca) e il trascorrere del tempo ci riporta nelle caotiche (rumorose) città dove l’azzurro del cielo si mostra a pezzi, in alto, tra i cornicioni dei tetti (cimase).
La pioggia poi cade insistentemente sulla terra (La pioggia stanca la terra, di poi); si addensa la noia dell’inverno sulle case, la luce diminuisce (la luce si fa avara) e ciò genera amarezza e tristezza (amara l’anima).
Quando un giorno da un portone mal chiuso tra gli alberi di un cortile si riescono a vedere i frutti gialli dei limoni; la tristezza si scioglie (il gelo del cuore si sfa) e i raggi del sole estivo (le trombe d’oro della solarità) generano nell’animo nuova vitalità (le loro canzoni).
I limoni Montale analisi e commento
Composta nel 1921 e posta come seconda nella raccolta Ossi di seppia dopo In limine, è una vera e propria dichiarazione di poetica, contiene cioè i più importanti principi della poetica di Eugenio Montale: il poeta, prendendo a pretesto l’esaltazione degli alberi di limone, proclama, da un lato, la propria predilezione per le cose umili e quotidiane e, dall’altro, il rifiuto dei modi della poesia aulica e accademica.
I limoni, tipici del paesaggio della Liguria, sono quindi scelti dal poeta come protagonisti della lirica per il fatto che non possono vantare tradizioni e fama letteraria; essi sono il simbolo della semplicità contro l’artificio.
Nelle prime due strofe il paesaggio che Montale descrive è essenziale, aspro, schietto, come il paesaggio ligure. Anche il linguaggio poetico è semplice, quasi colloquiale, con la presenza di vocaboli ed espressioni più vicini alla prosa che alla poesia.
Nella terza strofa la Natura, scritta con l’iniziale maiuscola, quasi a personificarla, non è più descritta nei suoi particolari botanici, ma diventa quasi immateriale e incantata; vi domina il silenzio e l’abbandono e l’uomo sembra sul punto di penetrare nel mistero della vita, attraverso un varco incautamente lasciato aperto (lo «sbaglio», «il punto morto», «l’anello», «il filo»). Ma è solo un’illusione: non resta altro che prendere atto del proprio fallimento e accontentarsi dell’intuizione di una realtà diversa e più profonda.
Nella quarta strofa la natura cede il posto alla realtà di sempre, alla vita opprimente della città, in cui la scarsità della luce, sotto il flagellare impietoso della pioggia invernale, diventa tutt’uno con la tristezza dell’animo. Ma pure nello scenario greve e plumbeo della città è possibile riaccendere la speranza e ridare un nuovo senso alla vita se d’un tratto, come per miracolo, sul grigio della visione invernale, riappare il colore giallo dei limoni «dietro a un malchiuso portone».
Il messaggio della poesia sta dunque in questo: la vera essenza della vita sta nell’assaporare e preferire il piacere delle piccole cose, semplici ma vere, alle «piante dai nomi poco usati» e i limoni sono il simbolo della semplicità contro l’artificio.
I limoni Montale figure retoriche
La lirica I limoni è composta di 4 strofe di versi liberi (soprattutto endecasillabi cui si accompagnano settenari e doppi settenari). C’è il ricorso a una particolare mescolanza di stili e di elementi linguistici, perché accanto a vocaboli tratti da un linguaggio quotidiano ce ne sono altri di provenienza alta.
C’è il ricorso a rime interne («laureati / usati» vv.1-3; «umana / allontana» v. 35); assonanze («muove / odore» vv. 14-15); consonanze («piante / acanti» vv. 2-3); allitterazioni («mettono negli orti tra gli alberi» v.10); metafore («il punto morto del mondo», «l’anello che non tiene», «il filo da disbrogliare» vv. 27-28); sinestesie («le trombe d’oro della solarità» v. 49); la rima al mezzo e il chiasmo del v. 42: «luce avara: amara l’anima».