La riforma timocratica di Solone ad Atene riassunto.
La crisi di Atene
Alla fine del VII secolo a.C. si abbatté in Atene, così come in tutta la Grecia, una grave crisi agraria e sociale:
- quasi tutte le terre coltivabili erano nelle mani dei nobili;
- la maggioranza della popolazione era composta da braccianti agricoli, molti dei quali erano ex proprietatri terrieri che avevano dovuto cedere i loro beni a causa dei debiti;
- altri, non essendo stati in grado di pagare i creditori, erano finiti in schiavitù insieme con la loro famiglia.
Poiché la lotta infuriava, gli aristocratici decisero di affidare la soluzione del problema a Solone. Ci troviamo nel 594 a.C. e l’ateniese Solone venne investito della carica di arconte e di «pacificatore».
La riforma di Solone
I primi provvedimenti di Solone furono di carattere economico e sociale:
- annullò le ipoteche, cioè i debiti, di cui le piccole proprietà erano gravate, in modo che tornassero in mano ai loro proprietari;
- soppresse la schiavitù per debiti con effetto retroattivo.
Solone, così facendo, scontentò sia gli aristocratici – che si videro danneggiati – sia i contadini più poveri – che aspiravano a una redistribuzione delle terre. Ma l’aristocratico Solone non pensava che si dovesse abbattere il predominio dell’aristocrazia: il suo obiettivo era il buon governo, cioè la creazione di un regime più giusto ed equilibrato.
La costituzione di Solone
Solone introdusse anche una riforma che mirava ad allargare la partecipazione alla vita politica. I cittadini furono divisi in quattro classi, individutate in base a un criterio timocratico (vale a dire fondato sul censo, sulla ricchezza, dal greco timè, «censo», e kràtos, «potere»):
- la prima classe era quella dei pentacosiomedimni, ossia coloro che avevano una rendita annua di almeno 500 medimni di cereali o 500 metreti di olio (un medimno corrisponde a circa mezzo quintale, un metreto a circa 40 litri);
- la seconda classe era quella dei cavalieri, la cui rendita doveva essere di almeno 300 medimni o metreti e che potevano permettersi di mantenere un cavallo e quindi di far parte, in guerra, della cavalleria;
- la terza era quella dei zeugiti, i piccoli proprietari con una rendita di almeno 200 medimni o metreti che permetteva loro di allevare una coppia di buoi per arare i campi;
- infine c’era la classe dei teti, di scarse risorse economiche, che lavoravano come operai o braccianti agricoli e possedevano una rendita annua inferirore ai 200 medimni.
I pentacosiomedimni e i cavalieri potevano essere eletti arconti e quindi entrare nell’areopago, nonché servire in guerra nella cavalleria; agli zeugiti erano affidati incarichi meno importanti e il servizio nella fanteria oplitica; i teti erano esclusi da qualsiasi diritto e incarico, salvo partecipare all’assemblea popolare.
Inoltre, chiunque avesse compiuto i trent’anni, a qualunque classe appartenesse, poteva far parte a turno dell’eliea, un tribunale popolare che valutava i reati meno gravi e gli eventuali ricorsi dei cittadini contro le decisioni dei magistrati.
La timocrazia
Dunque, il potere restava saldamente nelle mani degli aristocratici: l’Atene di Solone non era ancora una democrazia, quanto piuttoso una timocrazia, cioè basata sulle classi sociali. Tuttavia, l’opera di Solone fu di estrema importanza nella vita di Atene: il passaggio da una classe all’altra, essendo legato al reddito invece che alla nascita, divenne teoricamente possibile anche ai ceti meno abbienti, e questo segnò un avvicinamento alla democrazia.
Le riforme di Solone non riuscirono a pacificare Atene, che visse tre decenni di nuovi e più aspri conflitti, sia tra le famiglie aristocratiche sia fra nobili e demos (il popolo). Questa situazione favorì l’avvento della tirannide di Pisistrato.