Eneide libro 2: riassunto, personaggi, luoghi. Il racconto di Enea: l’inganno del cavallo, il racconto menzognero di Sinone, la morte di Laocoonte, Ettore appare in sogno a Enea, l’uccisione di Priamo, la fuga dalla città, morte e profezia di Creusa.
Durante il banchetto in suo onore, Enea pregato dalla regina Didone, reprimendo il dolore che lo angoscia, comincia a narrare la caduta della sua città.
Eneide libro 2 L’inganno del cavallo
I Troiani, esultanti per la fine di una guerra durata dieci anni, si riversano fuori dalle mura intorno al cavallo di legno abbandonato dai Greci in fuga.
Laocoonte, sacerdote di Nettuno, invita i Troiani a diffidare dei Greci e scaglia una lancia contro il cavallo, che risuona cupamente. Ma l’attenzione generale è distolta dall’arrivo di un gruppo di pastori che portano un prigioniero, Sinone.
Il racconto menzognero di Sinone
Trascinato davanti al re Priamo, Sinone racconta di essere sfuggito a un sacrificio umano al quale l’aveva condannato Ulisse, che l’odiava da tempo, dopo che Euripilo, mandato dai Greci a consultare l’oracolo di Apollo a Delfi, aveva riferito che, per propiziare il ritorno in patria in Grecia, era necessario sacrificare un giovane greco.
Sinone chiede pietà ai Troiani; Priamo decide di accoglierlo. Poi il re gli chiede la verità sul cavallo. Sinone continua il suo racconto menzognero sostenendo che il cavallo è un’offerta a Minerva per espiare il sacrilegio del furto del Palladio a opera di Ulisse e Diomede. È stato costruito in dimensioni così imponenti perché i Troiani non possano portarlo dentro le mura della città: se così dovesse succedere, Troia sarebbe per sempre protetta e imprendibile.
Eneide libro 2 La morte di Laocoonte
Un terribile prodigio contribuisce a confermare le parole di Sinone: due serpenti usciti dal mare avvinghiano e uccidono prima i due figli di Laocoonte, poi lo stesso sacerdote. Il terribile evento viene interpretato come la punizione divina per aver scagliato una lancia nel ventre ligneo del cavallo.
I Troiani portano allora il cavallo in città, nonostante le predizioni funeste di Cassandra, figlia di Ecuba e di Priamo, che resta come sempre inascoltata.
Il popolo festeggia la fine della guerra di Troia e l’ingresso in città del cavallo, considerato come un segno della protezione divina. Durante la notte, mentre tutti dormono, la flotta greca torna sul litorale troiano. Dalla nave ammiraglia si leva un segnale di fuoco per Sinone, che fa uscire i guerrieri nascosti nel ventre del cavallo e apre le porte della città all’esercito greco. Ha inizio la strage.
Ettore appare in sogno a Enea
Enea, ignaro di tutto, dorme nella sua casa. In sogno gli appare Ettore che, coperto di polvere e di sangue com’era quando Achille lo trascinò dietro al suo carro (leggi Iliade libro ventiduesimo riassunto), gli annuncia l’inevitabile caduta di Troia. Lo incita a lasciare la città, portando con sé i Penati, per far rivivere la patria in una nuova sede al di là del mare.
Enea si risveglia di colpo. Si accorge che la città è già in fiamme. Afferra le armi e si getta per le strade in cerca di compagni, per tentare un’ultima resistenza. Incontra per primo Panto, sacerdote di Apollo: gli dice che ormai è tutto perduto, che il cavallo era pieno di uomini armati; i Greci appiccano fuoco ovunque.
Enea si getta disperatamente in mezzo alle fiamme, dopo aver raccolto un drappello di coraggiosi compagni, tra cui Corebo, follemente innamorato di Cassandra. Incontrano una squadra di Greci, che li scambiano per alleati. I Troiani ne uccidono molti e indossano le loro armi per mimetizzarsi.
Davanti al tempio di Minerva vedono trascinare fuori Cassandra, prigioniera e incatenata: Corebo tenta di liberare la donna e ne nasce una mischia furiosa. I Troiani che stanno sul tetto del tempio non riconoscono i compagni, a causa del travestimento delle armi, e li bersagliano dall’alto. Accorrono molti altri Greci, si accorgono dell’inganno e fanno strage del coraggioso gruppo di difensori. Enea scampa per miracolo alla morte, con due soli compagni.
L’uccisione di Priamo
Enea viene richiamato dalle urla verso il palazzo di Priamo, dove si sta svolgendo la battaglia decisiva tra i Greci assalitori e i Troiani che dai tetti lanciano pietre e tegole in una difesa disperata. Anche Enea sale, nella parte più alta del tetto. Da qui riesce a far crollare, con l’aiuto di altri Troiani, una torre intera sui Greci che attaccano il palazzo. Ben presto però arrivano altri nemici, in mezzo a una pioggia incessante di armi e di pietre.
Pirro, il figlio di Achille, guida l’assalto alla reggia. Il vecchio re Priamo vorrebbe armarsi e resistere, ma la moglie Ecuba lo invita dolcemente a rifugiarsi con lei e le figlie presso un altare. Lì giunge, ferito, un altro figlio di Priamo, Polite, inseguito e ucciso da Pirro.
Priamo si rivolge allora al giovane nemico con parole di disprezzo e gli scaglia contro la sua lancia. Il colpo va a vuoto. Pirro afferra l’anziano re, lo trasporta presso l’altare e lì lo uccide con un colpo di spada.
La morte di Priamo riempie di orrore Enea. Assalito dalla preoccupazione per la sorte del vecchio padre Anchise, della moglie Creusa (figlia di Priamo ed Ecuba) e del figlioletto Ascanio, vuole correre a salvarli.
Mentre si allontana dalla reggia scorge Elena, e in un impulso di vendetta pensa di ucciderla. Gli appare però la madre Venere: non Elena, non Paride sono i veri responsabili della guerra, ma gli dèi. Per un attimo li mostra ai suoi occhi, rivelando le loro azioni: le divinità ostili si accaniscono contro la città, ma anche Giove dà aiuto ai Greci, assecondanto il volere del Fato. Troia non è più difendibile, Enea deve pensare ai suoi cari e abbandonare la città.
Eneide libro 2 La fuga dalla città di Troia
Enea si reca alla casa di Anchise, che però si rifiuta di abbandonare la città. Compare allora un prodigio: lingue di fiamma lambiscono il capo e i capelli di Ascanio senza bruciarli, quasi a indicare la corona di re che gli riserva il futuro. Anchise interpreta il fenomeno come un segno divino. Subito dopo, ecco il fragore di un tuono e una stella a indicare in cielo la direzione della fuga: due eventi che convincono definitivamente il vecchio padre di Enea che sia Giove stesso a volere che lui e la sua stirpe abbandonino la città in fiamme e si mettano in salvo.
Enea prende sulle spalle il vecchio padre, per mano il figlioletto, e si avvia; la moglie li seguirà a breve distanza. Si ritroveranno tutti, compresi i servi, presso un vecchio tempio abbandonato di Cerere, fuori dalle mura. Anchise porta nelle sue mani le statuette dei Penati.
Morte e profezia di Creusa
Quando arrivano al luogo dell’appuntamento, Creusa è scomparsa. Folle per il dolore, Enea torna a cercarla nella città devastata, finché gli compare l’ombra della moglie morta. Essa lo invita dolcemente a perseguire la sua missione: raggiungerà il Tevere, lì fonderà una nuova città e avrà una nuova sposa.
Enea torna al luogo di raccolta degli esuli, dove trova molte persone disposte a seguirlo; con loro si avvia verso le montagne, alle prime luci dell’alba.