Eccoci al Canto 3 Inferno della Divina Commedia di Dante. Quel che segue è il riassunto e il commento.
Argomento del Canto 3 dell’Inferno:
- La porta dell’Inferno (vv. 1-21)
- Gli ignavi (vv. 22-69)
- L’Acheronte e Caronte (vv. 70-129)
- Terremoto e svenimento di Dante (vv. 130-136)
Canto 3 Inferno: la porta dell’Inferno (vv. 1-21)
I due poeti, Dante e Virgilio, arrivano dinanzi alla porta dell’Inferno, sulla cui sommità sono scritte parole terribili, che ribadiscono il concetto della dannazione eterna e cancellano ogni luce di speranza:
«Attraverso me si entra nella città della sofferenza, attraverso me si va nel dolore eterno, attraverso me si va tra la gente dannata. La Giustizia guidò il mio alto Creatore (Dio); mi creò la potenza divina (il Padre), la massima sapienza (il Figlio) e il supremo amore (lo Spirito Santo). Prima di me non furono create cose che non fossero eterne e io duro eternamente. Lasciate ogni speranza voi che entrate».
Dante è spaventato sia perché quelle parole sono di difficile comprensione sia perché ne avverte come un presentimento dei mali e dei dolori che gli si presenteranno. Virgilio, però, lo rassicura, lo esorta a entrare e, presolo per mano, gli fa varcare la porta.
Inferno Canto 3: gli ignavi (vv. 22-69)
Giungono così nell’Antinferno, cioè nella zona che precede l’Inferno propriamente detto.
Nelle tenebre fitte s’aggira un tumulto confuso di voci irose, di alti lamenti, di pianti senza tregua. Dante chiede spiegazioni e Virgilio gli dice che in quel vestibolo dell’Inferno stanno gli ignavi, cioè le anime di coloro che vissero senza mai prendere una posizione.
Con gli ignavi stanno gli angeli che non si unirono né a Lucifero ribellatosi a Dio né agli angeli rimasti fedeli a Lui, e per questo sono respinti sia dal Paradiso sia dall’Inferno.
Per la legge del contrappasso gli ignavi corrono senza posa dietro una bandiera senza alcuna insegna, che gira vorticosamente su se stessa; sono tormentati da schifosi insetti, che rigano di sangue il loro volto. Il sangue, misto con le lacrime, offre un pasto ai loro piedi, a una turba di fastidiosi vermi.
L’atteggiamento di Virgilio nei confronti degli ignavi è sprezzante: non sono degni neanche dell’Inferno, dove i dannati è vero scontano le loro colpe ma almeno hanno fatto una scelta. Non salvi e neppure propriamente dannati, ugualmente disdegnati da Dio e dai diavoli, Virgilio esorta Dante a passare oltre: «non ragioniam di lor, ma guarda e passa», afferma con sdegno Virgilio.
Per disprezzo nessuno di essi è nominato dal Sommo poeta, neppure «colui che fece per viltade il gran rifiuto». Si tratta forse di Celestino V, che rinunziò al papato, o forse di Ponzio Pilato, che non seppe risolversi né a condannare Gesù né a salvarlo; o anche Esaù, che cedette al fratello la primogenitura per un piatto di lenticchie.
Inferno Canto 3: l’Acheronte e Caronte (vv. 70-129)
Dante e Virgilio giungono presso le rive dell’Acheronte, il primo fiume infernale. Qui si radunano le anime dei dannati in attesa di essere trasportate dal demonio Caronte al di là del fiume, dove ha inizio l’Inferno vero e proprio.
Ed ecco arrivare Caronte, il vecchio nocchiero, dai capelli bianchi e gli occhi cerchiati di rosso, che si rivolge con grida minacciose ai dannati. Vuole scacciare Dante perché è vivo, e gli preannuncia che dopo la morte andrà in Purgatorio, ma Virgilio lo zittisce, spiegandogli che la presenza di Dante nell’Inferno è voluta da Dio.
Caronte tace, mentre le anime in attesa di essere traghettate alle sedi infernali, maledicono Dio e i loro genitori, l’umanità e il luogo e il momento e il seme del loro concepimento e della loro nascita. A quel punto il nocchiero fa cenno ai dannati di salire sulla sua barca: stipa le anime dentro di essa e batte col suo remo qualunque anima tenti di adagiarsi sul fondo. I dannati si gettano dalla riva alla barca proprio come le foglie cadono dagli alberi in autunno.
Caronte le porta dall’altra parte del fiume e, prima che siano scese, sulla sponda opposta si è formata già un’altra schiera.
Virgilio spiega a Dante che la giustizia divina spinge le anime a voler affrettare la pena, cambiando così la paura in desiderio; poi dice a Dante che non deve prendersela per le parole di Caronte, perché la riva dell’Acheronte è il luogo in cui convergono da ogni parte del mondo le anime malvagie e nessuna anima buona passa di lì, perciò la reazione di Caronte dovrebbe rincuorarlo in quanto preannuncia che la sua anima non è destinata all’Inferno.
Inferno Canto 3: terremoto e svenimento di Dante (vv. 130-136)
Improvvisamente cala l’oscurità; la terra infernale trema per uno spaventoso terremoto e il vapore, che se ne sprigiona, produce un lampo rossastro abbagliante. Dante, sopraffatto dall’emozione, cade a terra svenuto. Il passaggio dell’Acheronte avverrà in modo miracoloso.