Eccoci nel primo canto del Paradiso, cioè il primo canto della terza cantica della Divina Commedia di Dante Alighieri. Dante, all’inizio di questo primo canto, si trova ancora nel Paradiso terrestre, in cima alla montagna del Purgatorio, il luogo che Dio aveva creato per l’uomo e la donna.
Di cosa parla il primo canto del Paradiso?
Ad aprire il primo canto del Paradiso è la protasi (vv. 1-12) ovvero la dichiarazione dell’argomento, che espone la materia della terza cantica. Alla protasi segue l’invocazione al dio Apollo (vv. 13-36). Poi, assistiamo (vv. 37-81) all’ascesa al cielo di Dante e Beatrice e alla trasumanazione di Dante, cioè alla crescita delle condizioni e delle percezioni di Dante oltre i limiti dell’umano. E ancora, primo dubbio di Dante (vv. 82-93) e, infine, secondo dubbio di Dante (vv. 94-142), che svelerà a Beatrice per ottenerne chiarimenti.
Primo canto Paradiso: Protasi (vv. 1-12)
Nella protasi (vv. 1-12) Dante dichiara di essere salito fino all’Empireo, nel cielo che più direttamente s’illumina e arde dello splendore e della carità di Dio, il primo motore dell’Universo («colui che tutto move») e vi ha visto cose così sublimi che la memoria non è in grado di trattenerle tutte, né la lingua umana di manifestarle.
Primo canto del Paradiso: Invocazione (vv. 13-36)
Alla protasi segue l’invocazione (vv. 13-36) rivolta non più alle Muse, ma al dio stesso della poesia, Apollo: se nel secondo canto dell’Inferno e nel primo canto del Purgatorio a Dante era stato sufficiente ricercare il sostegno delle Muse, ora invoca Apollo, perché lo aiuti a narrare la sua straordinaria impresa.
Dante chiede ad Apollo di cantare attraverso lui come meglio sa fare, proprio come quando vinse in una gara musicale il satiro Marsia che aveva osato sfidarlo e che, una volta sconfitto, per punizione fu legato dal dio a un albero e scorticato (la fonte di questo riferimento mitologico sono le Metamorfosi di Ovidio).
Con questo Dante vuole dire che solo con l’aiuto divino potrà descrivere degnamente ciò che vedrà e meritare quindi la gloria poetica. La decadenza – prosegue il poeta – è tale che ormai nessuno aspira più alla gloria; perciò il semplice desiderio di essa dovrebbe rallegrare Apollo. Forse – dichiara Dante – un giorno qualche poeta, incoraggiato dal suo esempio, scriverà un poema più perfetto del suo.
Primo canto Paradiso: Ascesa al cielo di Dante e Beatrice e trasumanazione di Dante (vv. 37-81)
Come nel Canto 1 del Purgatorio, alla protasi e all’invocazione segue (vv. 37-81) l’indicazione del momento iniziale della ripresa del viaggio, espressa con un’ampia perifrasi astronomica. La stagione è quella dell’equinozio di primavera, che corrisponde a una condizione astrale particolarmente favorevole (trovandosi il sole nel segno dell’Ariete, come al momento della creazione del mondo). L’ora è quella di mezzogiorno, la più luminosa e lieta.
In questo momento Dante vede Beatrice girata a sinistra, che fissa il sole (Dio) come solo le aquile sanno fare (era opinione comune, fin dall’antichità, che l’aquila abituasse i suoi nati a sostenere la vista del disco solare).
Questa immagine sottolinea, allegoricamente, la capacità della Teologia (Beatrice) di penetrare nei misteri divini.
Dante fissa Beatrice e trae forza per fissare egli stesso il sole, cosa impossibile per un essere umano. Ma, in seguito all’avvenuta purificazione, Dante è ricondotto alla condizione di Adamo prima del peccato. Ciò comporta un’esaltazione anche delle facoltà sensitive e degli organi del corpo.
Ad un certo punto, al poeta quella luce pare farsi più grande e lucente e si sente «trasumanar» come Glauco, quando fu trasformato da uomo in dio (narra infatti il mito, anche questo riportato dal poeta latino Ovidio nelle Metamorfosi, che Glauco, mitico pescatore della Boezia, avendo un giorno visto che i pesci da lui presi risuscitavano al contatto di una certa erba, rigettandosi poi in acqua, volle assaggiarla e subito fu trasformato in divinità marina).
Dante prosegue e dichiara: l’innalzarsi oltre i limiti dell’umano (cioè trasumanar) non è cosa che si possa esprimere con parole umane, e perciò l’esempio mitologico di Glauco deve bastare al lettore cristiano, sperando di averne egli stesso esperienza diretta in Paradiso.
Il poeta sente che nel suo profondo qualcosa sta avvenendo, tanto che non riesce a capire se abbia ancora il corpo o se sia diventato puro spirito. Ode la musica prodotta dal ruotare delle sfere celesti, mosse dagli angeli, e contemporaneamente vede un mare di luce.
Secondo la teologia e la scienza medioevale, i cieli ruotano perché li muovono gli ordini angelici (uno per ciascun cielo). Essi fanno così eternamente, perché desiderano accondiscendere alla volontà di Dio, che regge l’Universo.
Paradiso Canto 1: Primo dubbio di Dante (vv. 82-93)
Dante è ora colto dal suo primo dubbio: desidera sapere quale sia l’origine del suono e della grande luce. Beatrice, che legge nel pensiero del poeta, gli spiega che ora essi hanno lasciato la terra, il Paradiso terrestre, e stanno ascendendo velocissimi verso il Cielo della Luna.
Secondo dubbio di Dante e soluzione di Beatrice: l’ordine dell’Universo (vv. 94-142)
Ma Dante è tormentato da un altro dubbio: come è possibile, essendo ancora vivo e legato al corpo, che stia salendo oltre l’aria e il fuoco, contro le comuni leggi fisiche?
Beatrice trae un profondo sospiro e, con l’atteggiamento di una madre affettuosa che ascolta il figlio che dice cose insensate, ricorda a Dante che l’ordine fisico delle cose rispecchia il volere di Dio. Dio ha posto in ogni essere un istinto che lo spinge al suo fine; il fine dell’uomo è quello di andare verso l’alto, cioè verso Dio. Certo, gli uomini sono dotati di libero arbitrio (cioè di una libera volontà): perciò possono scegliere di allontanarsi dall’ordine di Dio attirati dai beni materiali e rivolgersi al male. Ma Dante, ormai libero da ogni impedimento e puro da ogni sorta di peccato, non deve meravigliarsi che stia salendo verso il Cielo di Dio.
Concluso il suo discorso, Beatrice torna a rivolgere gli occhi al Cielo.