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De re publica di Cicerone riassunto

De re publica e De legibus sono le due grandi opere di filosofia politica scritte da Cicerone.

Il De re publica fu composto da Cicerone tra il 54 e il 51 a.C. È un trattato in sei libri in forma di dialogo platonico. I primi due libri sono pervenuti incompleti; gli altri quattro lacunosi.

Fino al 1820 dell’opera si conosceva soltanto il sesto libro, trasmessoci da Macrobio (390-430 a.C. circa), filosofo neoplatonico del V secolo, con il titolo Somnium Scipionis, ma nel dicembre di quell’anno il cardinale Angelo Mai scoprì i primi cinque libri. Per questa scoperta il cardinale fu esaltato da Giacomo Leopardi in una sua famosa canzone Ad Angelo Mai.

Il dialogo si immagina svolto nel 129 a.C. nella villa di Scipione Emiliano (185-129 a.C.). Ha come protagonisti Scipione Emiliano, Caio Lelio e altri: discutono sulla forma migliore di organizzazione statale.

A fare da modello a Cicerone è La Repubblica di Platone, ma a differenza del filosofo però l’oratore non teorizza uno stato ideale, non si stacca mai dalla storia dello Stato romano.

Nel primo libro Scipione – portavoce di Cicerone – sostiene che delle tre forme di governo (monarchia, aristocrazia e democrazia), nessuna gli sembra preferibile perché ciascuna di esse può degenerare rispettivamente in tirranide, oligarchia e oclocrazia (“governo della plebe”). La migliore forma di governo- sostiene Scipione – è quella mista attuata nella repubblica romana, nella quale è possibile rinvenire il potere monarchico nel consolato, il potere aristocratico nel Senato, il potere democratico nelle assemblee popolari e nei tribuni della plebe.

Nel secondo libro si sostiene che, a differenza dei Greci, presso i quali le costituzioni erano state formulate da un solo legislatore, i Romani avevano costruito la loro costituzione lungo tutta la storia con il contributo di più generazioni e l’apporto di numerose personalità.

Nel terzo libro – giunto lacunoso e frammentario – viene affrontato il tema della giustizia, fondamento di ogni comunità e regola da seguire nei rapporti tra i vari Stati.

Nel quarto libro – anch’esso giunto lacunoso e frammentario – viene trattato la formazione del buon cittadino.

Nel quinto libro– più mutilo dei precedenti – viene tratteggiata la figura del princeps, il governatore ideale, colui che sa sacrificare ogni interesse personale per il bene della comunità.

Del sesto e ultimo libro, tranne pochi frammenti, è giunta a noi solo la parte finale, il cosiddetto Somnium Scipionis, nel quale Scipione Emiliano racconta un suo sogno in cui gli è apparso il suo nonno adottivo, Scipione l’Africano, che gli ha esposto la dottrina platonica dell’immortalità dell’anima e della beatitudine eterna destinata ai grandi uomini di Stato.

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