Sesto Properzio, la vita e il contenuto dei quattro libri delle Elegie. Riassunto di Letteratura latina
Sesto Properzio la vita e l’amore per Cinzia
Sesto Properzio nacque verso il 47 a.C. in Umbria (forse Assisi) da una famiglia di proprietari terrieri. Rimasto orfano di padre in giovanissima età, la madre lo mandò a Roma perché ricevesse una buona educazione e si avviasse alla carriera forense. Ma in lui era già viva una prepotente vocazione per la poesia, alla quale dedicò tutta la sua breve vita.
Motivo predominante fu la storia del suo amore per Cinzia (il cui vero nome era Ostia, secondo le testimonianze di Apuleio). Cinzia era una donna di elevata condizione, bella, colta e spregiudicata, da lui conosciuta nel mondo colto e dissipato della capitale.
La precoce fama del suo primo libro di elegie, nel quale la maggior parte dei componimenti erotici è dedicato a Cinzia, gli valse l’attenzione e la stima di Mecenate, del cui circolo poetico entrò a far parte.
Properzio fu ammiratore di Virgilio e dell’Eneide, di cui preannunciò la grandezza; amico di Ovidio, mentre i rapporti con Orazio furono assai freddi, se non addirittura ostili.
L’amore per Cinzia, durato per cinque anni, continuò anche dopo la separazione e oltre la morte della donna, avvenuta tra il 20 e il 19 a.C. Altre donne probabilmente entrarono nella sua vita, ma senza lasciarvi tracce profonde.
L’attività poetica di Properzio fu troncata dalla morte avvenuta intorno al 15 a.C., all’età di poco più di trent’anni.
Properzio Elegie
Properzio ci ha lasciato quattro libri di elegie. I primi tre pubblicati tra il 28 e il 22 a.C., il quarto intorno all’anno 16 a.C., poco prima della morte del poeta.
Il primo libro, chiamato anche Monobiblos perché pubblicato da solo, è dominato dall’amore per Cinzia. A lei il poeta dedica la metà delle 22 elegie che lo compongono. Anche nelle altre, dedicate ad amici e rivali, domina l’amore per lei.
Fin dall’inizio Cinzia appare come una donna incostante e infedele che fa soffrire il poeta. Per lo più viene cantato l’amore come tormento, come passione che strugge e non consente una normale esistenza, così come vengono cantati i tradimenti, le paure, i sospetti.
Nel secondo libro, il più corposo dei quattro (34 elegie per circa 1400 versi), Cinzia è ancora presente; l’amore è ancora connotato da passionalità e gelosia, ma sono più frequenti altri motivi d’ispirazione, come il tema della morte e, più in generale, quello del destino dell’uomo. Incominciano a registrarsi i primi “cedimenti” alle insistenze di Mecenate che lo invitava a un genere più alto di poesia, ma nell’ultima elegia (XXXIV) Properzio elogia la poesia amorosa e loda Virgilio come il solo degno di celebrare le gesta di Augusto.
Nel terzo libro (contiene 25 elegie) Properzio, stanco dell’infedeltà della sua donna, si volge a motivi e temi nuovi. Infatti il poeta appare più propenso ad accettare i sempre più frequenti inviti di Mecenate ad abbandonare la poesia elegiaca e a cantare i motivi civili e più impegnati, come richiedeva il programma politico-culturale portato avanti da Augusto. Nell’elegia 11, Properzio rievoca la battaglia di Azio con la vittoria di Ottaviano su Antonio e Cleopatra; nell’elegia 18 canta la morte di Marcello, figlio adottivo e genero di Augusto; nell’elegia 22 tesse l’elogio di Roma e dell’Italia.
Nel quarto libro, composto di 11 elegie, solo due (la 7 e la 8) parlano di Cinzia. Di esse la più famosa è la 7: Cinzia morta da poco, appare in sogno al poeta e lo rimprovera di averla dimenticata, gli giura di essergli stata fedele e gli detta il suo testamento spirituale.
Nelle restanti elegie che compongono il quarto libro, il poeta finge di additare a un immaginario visitatore le vestigia della città, quelle che meglio testimoniano la bellezza e la grandezza dell’Urbe, e di raccontare, partendo da esse, personaggi e avvenimenti della storia e del mito.
E così nella I elegia descrive le origini di Roma e si proclama “il Callimaco romano”; nella II il simulacro del dio Vertumno, posto nel foro, racconta la sua storia; nella IV si narra la leggenda di Tarpea che, per amore del re sabino Tazio, tradì il suo popolo; la VI rievoca la battaglia di Azio e la costruzione del tempio di Apollo sul Palatino; nella IX il poeta narra l’origine dell’Ara Massima e la leggenda di Ercole che uccide Caco; nella X celebra il santuario di Giove Feretrio, dove Romolo, Cornelio Cosso e Claudio Marcello avevano consacrato le spoglie di un comandante nemico da loro ucciso; nell’ultima elegia Cornelia, madre dei Gracchi, ricorda la sua virtuosa vita di madre e di sposa e invita il marito a non piangere per lei.
Tuttavia neanche delle restanti elegie si può parlare di un’adesione completa all’ideologia augustea, perché in esse non rinveniamo nessuno dei valori che la propaganda ufficiale voleva vedere esaltati: manca in Properzio una profonda coscienza civile.