Pro Sexto Roscio Amerino (In difesa di Sesto Roscio di Ameria), meglio nota semplicemente Pro Roscio Amerino.
Cicerone compose e pronunciò più di 100 orazioni, ma ce ne sono pervenute soltanto 58. La maggior parte dei discorsi appartiene al genere giudiziario. Tra le orazioni di Cicerone pervenute, la Pro Sexto Roscio Amerino è il discorso giudiziario tenuto da Cicerone in difesa di Sesto Roscio di Ameria (odierna Amelia, in provincia di Terni), accusato di parricidio (gennaio 79 a.C.).
Allo scopo di impadronirsi dei cospicui beni di Sesto Roscio (Sesto Roscio padre, un ricco esponente dell’aristocrazia romana) ucciso a pugnalate, Lucio Cornelio Crisogono, potente liberto di Silla, e due loschi individui, probabilmente implicati nel delitto, ordirono la trama diabolica di iscrivere il morto nelle liste di proscrizione, benché fossero già chiuse da tempo (tali liste, contenenti i nomi di tutti coloro che durante lo scontro tra Mario e Silla avevano simpatizzato per la fazione mariana, erano state chiuse da Silla stesso nell’81 a.C.), con la conseguente confisca e vendita all’incanto del patrimonio¹.
Accusarono dell’omicidio Sesto Roscio, figlio della vittima, poiché poteva impugnare la legittimità del procedimento.
Nonostante i pericoli che potevano derivargli dall’opporsi a un protetto di Silla, Cicerone, allora ventiseienne e agli esordi della sua carriera, sostenne coraggiosamente la difficile causa e riuscì a vincerla, denunciando anche a quale punto di barbara crudeltà (crudelitatem domesticam) si era giunti².
Il successo lo mise in vista tra i migliori avvocati di Roma e si persuase, per sicurezza, a lasciare la capitale.
¹ I beni di Sesto Roscio padre comprendevano 13 poderi del valore di sei milioni di sesterzi. Furono svenduti per soli duemila sesterzi a Crisogono.
² Silla lasciò ai giudici e all’opinione pubblica la responsabilità della condanna del suo liberto, lavandosi le mani da ogni sorta di responsabilità. Silla non poteva continuare ad appoggiare il suo liberto perché ciò gli avrebbe scatenato contro il dissenso delle famiglie aristocratiche romane, le quali, invece, sostenevano Roscio figlio.