I moti del 1848 in Italia e in Europa. Riassunto
Moti del 1848 – le cause
Nel 1848 l’Europa fu sconvolta da un nuovo moto rivoluzionario: si volevano abbattere i governi della Restaurazione per sostituirli con governi liberali.
All’insofferenza dei liberali si aggiungeva poi la disperazione di operai e contadini per le conseguenze di una duplice crisi:
- nelle città le industrie erano state colpite da una crisi di sovrapproduzione che aveva provocato il licenziamento di milioni di operai;
- nelle campagne le piogge avevano devastato i raccolti e i contadini erano alla fame.
La diffusione dei moti del 48
I moti del 48 cominciarono in gennaio a Palermo per iniziativa dei liberali, che chiedevano la Costituzione e la separazione dell’isola dal Regno borbonico, seguiti dai contadini. Ferdinando II concesse la Costituzione alla Sicilia e poco dopo anche a Napoli.
In febbraio esplose Parigi, dove borghesia e proletariato chiedevano il suffragio universale. Dopo tre giorni di scontri il re Luigi Filippo abdicò e fu proclamata la Seconda repubblica francese.
La rivoluzione di Parigi innescò una serie di reazioni a catena nel resto d’Europa:
- a Vienna l’imperatore Ferdinando I concesse la Costituzione e poi abdicò in favore del nipote Francesco Giuseppe;
- a Budapest fu proclamata l’indipendenza dall’Austria;
- in Prussia chiesero la Costituzione e l’Unità della nazione tedesca;
- Praga, infine, rivendicò maggiori libertà per la popolazione di lingua slava.
I moti del 1848 in Italia
In Italia, tra febbraio e marzo 1848, papa Pio IX, il granduca Leopoldo di Toscana e Carlo Alberto, re di Sardegna, concessero gli Statuti.
Il 17 marzo Venezia insorse contro gli austriaci e proclamò la Repubblica. Il giorno dopo insorse Milano, che nel corso delle Cinque giornate scacciò l’esercito di Radetzky. Il 21 marzo si sollevarono anche Modena e Parma.
Il 23 marzo 1848 Carlo Alberto di Savoia entrò in guerra contro l’Austria, dando inizio alla Prima guerra d’Indipendenza.
I democratici diedero vita alla Repubblica toscana, alla Repubblica romana, governata da Mazzini, Saffi e Armellini, e alla Repubblica di Venezia.
Il fallimento dei moti del 1848
I moti del 1848 si rivelarono un’illusione sia in Europa che in Italia: le forze che avevano promosso le rivoluzioni si divisero, permettendo così ai diversi governi di ristabilire l’ordine precedente.
In Francia, temendo le forze operaie, la borghesia fondò una repubblica presidenziale affidata a Luigi Napoleone Bonaparte che, poco dopo, con un colpo di Stato si fece incoronare imperatore con il nome di Napoleone III.
A Vienna, Berlino e Praga i sovrani ritirarono le promesse costituzionali, mentre l’Ungheria tornò a far parte dell’Impero d’Austria.
In Italia, dopo l’armistizio con i Savoia, gli Austriaci furono liberi di riprendersi la Lombardia schiacciando tra l’altro la rivolta di Brescia (le “Dieci giornate”), poi la Repubblica toscana e Venezia. I francesi, accorsi all’appello di Pio IX, posero fine alla Repubblica romana e i Borbone abolirono la Costituzione autonomista siciliana. In tutta Italia si scatenò la repressione.
Il Piemonte invece mantenne lo Statuto albertino e Vittorio Emanuele II autorizzò il capo del governo, Massimo d’Azeglio, a varare le Leggi Siccardi per porre fine ai grandi privilegi del clero: il tribunale ecclesiastico, il diritto d’asilo e la manomorta.
Il 1848 fu anche l’anno di pubblicazione del Manifesto del Partito comunista scritto da Marx ed Engels. Esso elaborò la teoria dello sfruttamento della classe operaia da parte della classe borghese ed esortò i lavoratori a lottare per abolire la proprietà privata e a organizzare vere e proprie rivoluzioni. Abbattuto il potere borghese e arrivati a una società comunista, cioè senza classi, tutti avrebbero raggiunto la felicità.