L’imperio doveva essere la continuazione de I Vicerè, per questo Federico De Roberto cominciò a lavorarvi subito dopo averlo concluso. L’imperio rimase incompiuto alla morte dell’autore e venne pubblicato postumo nel 1929. A fare da sfondo al romanzo, il mondo politico romano e il suo malcostume.
L’imperio di Federico De Roberto: riassunto
Il principe Consalvo Uzeda di Francalanza, eletto deputato, si trasferisce da Catania a Roma. Nei suoi progetti la capitale è il luogo in cui una famiglia dell’aristocraiza borbonica, adattandosi a entrare attivamente nella vita del nuovo Stato unitario, può mantenere un suo ruolo egemonico.
Roma gli si mostra nel suo clima torpido e immobile, saldo solo nella difesa degli interessi costituiti. Il principe constata allora che nobiltà e ricchezza non bastano a spianare la strada, e che occorre darsi molto da fare. Incontra Federico Ranaldi, un giovane giornalista campano, nobile spirito risorgimentale che osserva distante e scandalizzato le sue manovre e la generale corruzione che le alimenta: un mondo che Ranaldi non riuscirà mai a far suo, nonostante le lezioni di realismo dell’onorevole Satta e della giornalista Vanieri.
Consalvo fonda un quotidiano, «La Cronaca», per lanciare un proprio movimento politico. Deluso dalla scarsità di prospettive, sta per passare all’estrema sinistra quando d’improvviso si apre una breccia: i conservatori vedono in lui il loro uomo. Un’aggressione subita dopo un comizio antisocialista lo consacra in modo definitivo: sarà presto nominato ministro dell’Interno.
L’ascesa di Consalvo termina qui: travolto dal disastro coloniale, malvisto per la durezza delle sue repressioni, deve dimettersi. Frattanto la disillusione di Ranaldi si è evoluta in nichlilismo: ritornato al paese natale, si abbandona a fantasticare di un partito di «geoclasti» che con i mezzi della chimica distruggerà il mondo.