Tancredi e Ghismunda riassunto della prima novella della quarta giornata del Decameron di Giovanni Boccaccio, dedicata agli amori infelici.
Il re della quarta giornata è Filostrato, l'”abbattuto d’amore”, che vive e vede solo il lato triste, patetico o tragico delle vicende d’amore. A narrare invece è Fiammetta per ordine di Filostrato.
La novella di Tancredi e Ghismunda che apre la giornata è la prima novella di un trittico tragico di racconti che hanno donne come protagoniste. Si tratta delle novelle prima, quinta, nona.
In tutte e tre, la donna è posta di fronte al cuore o alla testa dell’amante ucciso dai familiari:
- nella prima, Tancredi e Ghismunda, è il padre (Tancredi) che fa avere una coppa con il cuore dell’innamorato alla figlia (Ghismunda); questa si suicida bevendovi dentro un veleno;
- la quinta, Lisabetta da Messina nasconde la testa dell’amante ucciso dai fratelli in un vaso di basilico e si lascia morire di dolore quando esso le è portato via;
- nella nona (la novella del cuore mangiato), è il marito, messer Guiglielmo Rossiglione, a presentare alla moglie, cotto e cucinato, il cuore dell’amante da lui ucciso, provocando il suicidio di lei.
Ghismunda, Lisabetta e la moglie di messer Rossiglione sono tre eroine tragiche, con cui Boccaccio celebra la nobiltà e la fierezza d’animo delle donne.
Tancredi e Ghismunda riassunto
Tancredi, principe di Salerno, è il padre di Ghismunda, una giovane di animo forte, coraggioso, e saggia. Il suo amore per lei è tale che dapprima ne ha ritardato il matrimonio e poi, rimasta vedova, non le ha più voluto dare un marito.
Ghismunda sente forte il peso della solitudine e decide di trovarsi un’amante. La scelta cade su Guiscardo, valletto del padre, di nascita umile e modesto, ma nobile di animo. I due diventano amanti all’insaputa di tutti. È Ghismunda a trovare il modo di incontrarsi senza farsi vedere. La camera della giovane è infatti collegata tramite una scala, di cui tutti hanno dimenticato l’esistenza, ad una grotta sotterranea cui si accede sia dal palazzo reale sia dalla campagna circostante.
Un giorno però Tancredi, come spesso era solito fare, va in camera della figlia e non trovandola decide di aspettarla seduto su uno sgabello nascosto dalle tendine del letto. Si addormenta e al suo risveglio vede i due amanti, Ghismunda e Guiscardo, giacere insieme. Per evitare lo scandalo, esce dalla stanza senza farsi vedere.
La notte seguente fa arrestare Guiscardo e a giorno fatto comunica alla figlia di aver scoperto la loro tresca. Nelle sue accuse alla figlia, Tancredi insiste sull’onore da lei violato e sul disprezzo aristocratico per la «vilissima condizione» dell’amante.
Al padre, Ghismunda risponde con ferma dignità; rifiuta di assumere le vesti di colpevole; anzi, nella sua difesa, si trasforma in un’implacabile accusatrice, affermando che il suo sentimento d’amore è sorto per colpa di Tancredi che non si è preoccupato di trovarle un nuovo marito in grado di soddisfare i suoi naturali desideri di donna (fatta «di carne e non di pietra o di ferro»); inoltre, il suo sentimento è stato alimentato anche dalla consapevolezza della virtù, cioè della innata gentilezza di Guiscardo, che è riuscita di fatto a riscattare l’umiltà delle sue origini, rendendolo un uomo più nobile di quanti lo sono per nascita. Infine, lascia intendere al padre che è sua intenzione uccidersi, qualora il suo amante sia assassinato.
Il padre, che non crede che la figlia abbia veramente intenzione di uccidersi, ordina alle guardie di strangolare Guiscardo e di strappargli via il cuore. Lo fa poi consegnare in una coppa d’oro alla figlia. Ella, che nel frattempo aveva ricavato del veleno da delle radici velenose, dopo aver pianto il suo amato, lo versa sul suo cuore e da lì beve.
Per decisione dello stesso Tancredi, ora pentito, i due amanti sono sepolti insieme.
Tancredi e Ghismunda commento
Nella novella di Tancredi e Ghismunda il tema fondamentale è la rivendicazione dell’amore e della passione, consapevolmente e responsabilmente scelti; difesi a oltranza, da parte della protagonista, per un semplice valletto. Esso si collega ad altri due motivi: la rivendicazione dell’uguaglianza nella virtù e l’opposizione all’autoritarismo paterno.
Così Ghismunda si erge a rappresentante dei nuovi valori del mondo comunale contro il passato feudale. Il Medioevo di Boccaccio non è più quello di Dante. Diversa è la sua idea di virtù: Ghismunda è giudicata virtuosa ed esaltata come un’eroina, mentre, per scelte simili, Francesca da Rimini, nel canto V dell’Inferno, è condannata da Dante.