Calandrino e l’elitropia riassunto della terza novella dell’ottava giornata del Decameron di Giovanni Boccaccio. L’ottava giornata ha per tema le beffe e gli scherzi tra uomini e donne. È raccontata da Elissa.
Nella novella di Calandrino e l’elitropia compare il personaggio di Calandrino, protagonista anche della sesta novella, sempre in questa giornata, e poi della terza e della quinta novella nella nona giornata.
Calandrino è un personaggio realmente esistito così come i suoi amici Bruno e Buffalmacco, dediti alle burle e molto più astuti del loro compagno che è spesso bersaglio dei loro scherzi.
Calandrino è il soprannome di Giannozzo di Perino, un pittore formatosi probabilmente alla scuola fiorentina di Andrea Tafi. Era conosciuto per la sua ingenuità, per il suo egoismo e per la sua presunzione nel volersi mostrare furbo. Lo si trova, con gli stessi caratteri, ne Il Trecentonovelle di Franco Sacchetti (1332-1400) e nelle Vite di Giorgio Vasari (1511-1574).
L’amico Bruno, è Bruno di Giovanni, pittore del Trecento.
Buffalmacco è Bonamico di Cristofano. Ha frequentato, come Calandrino, la scuola di Andrea Tafi. Gli vengono attribuiti gli affreschi della chiesa di Badia di Firenze e del Duomo di Arezzo e anche il Trionfo della Morte del Camposanto di Pisa.
La novella di Calandrino e l’elitropia: il riassunto
A Firenze vive Calandrino, un pittore noto per la sua semplicità e goffaggine. Un giorno incontra, nella chiesa di San Giovanni, Maso del Saggio.
Maso del Saggio è a conoscenza dell’ingenuità di Calandrino e decide di prendersi gioco di lui. Gli parla del fantastico paese di Bengodi (il paese della Cuccagna, dove tutto è allegria e il cibo abbonda) e della pietra dell’elitropia. Questa rende invisibile chi la possiede e potrebbe pertanto permettergli di arricchirsi. Ce ne sono molte lungo il Torrente Mugnone – assicura Maso del Saggio – sono di diversa grandezza ma tutte di colore nero.
Calandrino decide di andare in cerca dell’elitropia e di mettere al corrente del suo progetto i suoi amici Bruno e Buffalmacco. Entrambi fingono di credere al racconto dell’amico e si danno appuntamento per la domenica mattina successiva, quando non ci sarà nessuno intorno.
Calandrino raccoglie tutte le pietre nere che trova; anche i suoi amici fingono di prenderne. Quando Bruno e Buffalmacco vedono Calandrino pieno di pietre e in procinto di avviarsi a casa, fingono di non vederlo. L’amico crede davvero di aver trovato l’elitropia e si allontana, deciso a tornare in città senza dire nulla agli amici.
Bruno e Buffalmacco invece lo vedono: si fingono adirati e cominciano a tirare sassate e lo colpiscono più volte. Calandrino vorrebbe urlare per il dolore ma trattiene il fiato.
Tutti e tre giungono alla porta della città. Qui i gabellieri, d’accordo con i due amici di Calandrino, lo lasciano passare, fingendo di non vederlo.
È ora di pranzo, pertanto per strada non incontra quasi nessuno. Tornato a casa, però, è ovviamente visto dalla moglie, Tessa. Egli allora la picchia accusandola di avere interrotto l’incantesimo che lo rendeva invisibile.
Fortunatamente sopraggiungono i due compari che evitano altre botte alla moglie, dimostrando a Calandrino che ha commesso due errori:
- poiché sapeva che le donne fanno perdere ogni virtù agli incantesimi (si tratta di un pregiudizio popolare assai diffuso anticamente), doveva impedire alla moglie di comparirgli davanti;
- poiché aveva trovato la pietra miracolosa senza dir nulla a loro due, aveva voluto ingannarli e dunque era stato giustamente punito.
Così Calandrino, oltre a essere stato beffato, si giudica anche colpevole dell’accaduto, subendo una seconda beffa.
In questa novella, Calandrino e l’elitropia, l’autore Giovanni Boccaccio, celebra l’ingegno e l’astuzia che prevalgono su chi è sciocco e sprovveduto.