L’anguilla di Montale: testo, parafrasi, analisi e significato
La poesia L’anguilla di Eugenio Montale è del 1948; è posta a conclusione di Silvae, sezione di Bufera e altro. Consta di un unico, lungo periodo, che abbraccia ben trenta versi, con prevalenza di endecasillabi e di settenari, ma anche con alcuni ottonari (vv. 3, 20, 26), un doppio quinario sdrucciolo (v.2), un doppio settenario (v. 7).
L anguilla Montale testo
L’anguilla, la sirena
dei mari freddi che lascia il Baltico
per giungere ai nostri mari,
ai nostri estuari, ai fiumi
che risale in profondo, sotto la piena avversa,
di ramo in ramo e poi
di capello in capello, assottigliati,
sempre più addentro, sempre più nel cuore
del macigno, filtrando
tra gorielli di melma finché un giorno
una luce scoccata dai castagni
ne accende il guizzo in pozze d’acquamorta,
nei fossi che declinano
dai balzi d’Appennino alla Romagna;
l’anguilla, torcia, frusta,
freccia d’Amore in terra
che solo i nostri botri o i disseccati
ruscelli pirenaici riconducono
a paradisi di fecondazione;
l’anima verde che cerca
vita là dove solo
morde l’arsura e la desolazione,
la scintilla che dice
tutto comincia quando tutto pare
incarbonirsi, bronco o seppellito;
l’iride breve, gemella
di quella che incastonano i tuoi cigli
e fai brillare intatta in mezzo ai figli
dell’uomo, immersi nel tuo fango, puoi tu
non crederla sorella?
L anguilla Montale parafrasi
vv. 1-14 (L’anguilla… alla Romagna;) L’anguilla, la sirena dei mari freddi che lascia il mar Baltico per giungere fino ai nostri mari, alle nostre foci (estuari), ai fiumi che risale in profondità (profondo), affrontando (sotto) la corrente (piena) contraria (avversa), di affluente in affluente (di ramo in ramo) e poi di ruscello in ruscello (di capello in capello), [lungo corsi d’acqua sempre] più sottili (assottigliati), [andando] sempre più in profondità (addentro), sempre più all’interno (nel cuore) della roccia (del macigno), passando (filtrando = infiltrandosi) tra fili d’acqua (gorielli) fangosi (di melma) fino a quando (finché) un giorno un raggio di sole, filtrando tra le foglie dei castagni illumina il guizzo dell’anguilla in pozze d’acqua stagnante, nei fossi che scendono dai rilievi degli Appennini alla pianura romagnola.
vv. 15-25 (l’anguilla… bronco seppellito;) l’anguilla, torcia, frusta, freccia di Amore sulla Terra che solamente (solo) i nostri [:italiani] fossati (botri) o gli aridi (disseccati) ruscelli dei [monti] Pirenei (pirenaici) riportano (riconducono) alla beatitudine (a paradisi) dell’accoppiamento (di fecondazione); l’anima verde che cerca la vita [: si riproduce] in luoghi (là) dove feriscono (morde) soltanto (solo) l’aridità (l’arsura) e l’abbandono (la desolazione); la scintilla che dimostra (dice) che tutto ricomincia ogni volta che (quando) tutto sembra (pare) carbonizzarsi (incarbonirsi) [:morire], il ramo (bronco) seppellito.
vv. 26-30 (l’iride… sorella?) il guizzo iridescente dell’anguilla, rapido, come un occhio che si apre (iride breve) è tanto simile (gemella) all’iride incastonata tra le tue ciglia e che tu fai risplendere pura (intatta) in mezzo agli uomini, immersi nella vita fangosa che anche tu conduci, puoi forse non crederla simile a te, cioè di natura uguale alla tua?
L anguilla Montale analisi e significato
La poesia si divide in due parti.
Nella prima parte (vv. 1-14), è descritto il viaggio dell’anguilla, che dai mari freddi del Nord giunge sino al Mediterraneo, per poi risalire il corso dei fiumi e poi i ruscelli, fino ad arrivare alle pozze fangose lontanissime dal mare. Da un punto di vista scientifico la descrizione di Montale non è precisa: l’anguilla non vive nei mari freddi e nel Baltico. Il poeta ha ripreso alcuni spunti della vita del salmone, che dai mari nordici risale i fiumi per procedere alla fecondazione.
L’anguilla è detta sirena perché flessuosa ed elegante nei movimenti; Montale instaura in questo modo il legame con la figura femminile che si profila in chiusura della poesia, Clizia, anch’essa nordica. Ma la sirena evoca parimenti il canto poetico, e ciò suggerisce che l’anguilla va interpretata come allegoria della poesia.
Nella seconda parte (vv. 15-30) l’immagine dell’anguilla che guizza è sintetizzata in tre termini che ne richiamano la luminosità (torcia, che evoca anche la contorsione dell’anguila che si torce), il corpo allungato e il movimento repentino (frusta), il significato dell’animale come simbolo dell’Amore (freccia d’Amore). Tanto più è rilevante la vitalità dell’animale, quanto più difficili e dure sono le condizioni della sua sopravvivenza; e in tali condizioni, al limite delle possibilità di resistere, l’anguilla realizza il proprio istinto riproduttivo, indicando così come la vita possa risorgere (tutto ricomincia) proprio quando tutto sembra morire, carbonizzarsi, trasformarsi in uno sterpo (bronco) seppellito.
La legge che l’anguilla enuncia con il proprio esempio esprime la logica profonda di questa poesia, secondo la quale la forza vitale è il valore che consente all’esistenza di conservarsi e di durare e grazie al quale la morte è solo una funzione della vita e la fine la premessa di un nuovo inizio.
Il lunghissimo periodo che costituisce la poesia si conclude con una domanda retorica (cioè corrisponde a un’affermazione). Essa è rivolta a Clizia, la donna-angelo, allegoria dei valori più alti, soprattutto della poesia, della purezza dell’attività intellettuale che si contrappone alla degradazione della storia. Viene qui istituito un paragone tra l’iridescenza del corpo dell’anguilla e l’iride degli occhi della donna, incastonata come una gemma preziosa tra i suoi cigli. La luce degli occhi della donna salvifica brilla tra gli uomini, immersi nel fango, cioè nelle brutture e nello squallore dell’esistenza. Anche Clizia partecipa dell’umanità, è immersa in quello stesso fango, ma la sua luce non è toccata, resta incontaminata, conservando il suo potere illuminante per gli uomini.
Il fango richiama altresì quello in cui è immersa l’anguilla: la donna e l’animale sono dunque accomunati dal fango come dall’iride, dalla luce.
La domanda finale sottolinea appunto il legame tra l’animale allegorico e la donna: se Clizia rappresenta l’amore spiritualizzato e l’anguilla quello carnale, la conclusione stabilisce tra di essi un’equivalenza. La poesia, di cui sia l’animale sia la donna sono allegorie, può nutrirsi di entrambi.