Zephiro torna e ‘l bel tempo rimena è un sonetto tra i più noti di Francesco Petrarca, tra i maggiori poeti italiani del Trecento.
In esso si evidenzia la contrapposizione tra la serena bellezza che il paesaggio assume in primavera, quando la natura torna alla vita, e la desolata tristezza che il poeta prova per Laura, la donna amata, morta il 6 aprile 1348, durante l’epidemia di peste del Trecento.
Zephiro torna e ‘l bel tempo rimena – la parafrasi
Zefiro, il vento che preannuncia la primavera, torna e riporta il bel tempo, i fiori e le tenere erbette che sono il seguito (famiglia) della bella stagione, il garrire della rondine (Progne¹) e il canto dolce e lamentoso dell’usignolo (Philomena²), e la primavera dai colori bianchi e rossi.
I prati diventano rigogliosi e il cielo torna a essere sereno; il pianeta Giove è contento di rivedere il pianeta Venere (secondo il mito, Venere era figlia di Giove), che nella stagione primaverile si trova nelle sue vicinanze e diventa più luminoso; l’aria, l’acqua e la terra sono pieni d’amore; ogni essere vivente (animal) si ripropone (si riconsiglia) di dedicarsi all’amore.
Ma per me, infelice, tornano i dolorosi sospiri, che dal profondo dell’animo mi suscita colei che morendo ha portato con sé in cielo le chiavi del mio cuore;
e il canto degli uccellini, e le pianure in fiore, e gli atteggiamenti soavi delle donne di armoniosa e composta bellezza (honeste) sono per me come un deserto e come bestie (fere) crudeli e selvagge.
Nota 1 e 2: secondo il mito Progne e Philomena sono le due sorelle tramutate in rondine e in usignolo.
Zephiro torna e ‘l bel tempo rimena – l’analisi
Con il ritorno della primavera, la natura rivive e si dispone all’amore. Il poeta Francesco Petrarca invece si sente malinconico, perché proprio in quella stagione è morta Laura, la donna amata. Per questo il paesaggio primaverile, spettacolare e seducente, anziché consolarlo accentua la sua infelicità: la natura che si risveglia, con tutto il suo incanto, gli sembra solo un desolato deserto.
Il contrasto tra la realtà esterna (gioiosa) e lo stato d’animo del poeta (infelice) è reso dalle parole, dalle immagini e anche dalla struttura del componimento, articolato in due parti contrapposte. Nelle prime due strofe il poeta descrive l’arrivo gioioso della primavera; invece nelle due terzine esprime la sua mestizia.
Tutti i particolari descritti nelle due quartine (fiori, uccelli, prati, belle donne) non dicono più nulla all’animo del poeta, ma ne accrescono la disperazione, fino a diventare il contrario di ciò che in realtà sono (un deserto).
Il ritmo, le rime e la scelta lessicale si adeguano al tono delle diverse strofe. Nelle prime due strofe, in cui il poeta descrive l’arrivo gioioso della primavera, si affollano i colori, i suoni e gli avvenimenti; qui il ritmo dei versi è agile e vivace e le rime hanno un suono dolce e delicato. Nelle due terzine, invece, in cui il poeta esprime la sua mestizia, il ritmo si fa più lento e pacato e le rime hanno un suono più aspro e cupo.