Descrizione di Caronte figura mitologica, nell’Eneide di Virgilio e nella Divina Commedia di Dante.
Caronte figura mitologica
Figlio di Erebo e della Notte, è il vecchio e fosco nocchiero che traghetta le anime dei morti dall’una all’altra sponda dell’Acheronte (secondo alcune tradizioni dello Stige), dove avranno accesso al mondo dell’Oltretomba.
Ignoto sia a Omero che a Esiodo, è comunque figura comune all’Oltretomba dei Greci, dei Romani e degli Etruschi (Charun).
Per avere accesso alla sua barca, ogni defunto deve pagargli un obolo, la monetina che i parenti hanno provveduto a collocargli sotto la lingua al momento delle onoranze funebri.
Ai defunti sprovvisti di moneta, perché non hanno ricevuto le debite esequie funebri, non resta che aspettare sulla riva per l’eternità oppure fuggire alla sorveglianza di Ermes, che li ha accompagnati fino alla riva dell’Acheronte, per tentare di introdursi nel Tartaro (luogo di pena e di supplizio) da un ingresso secondario.
Caronte nell’Eneide di Virgilio
Caronte viene citato da Virgilio al Libro VI dell’Eneide, al v. 299. Virgilio lo rappresenta come una figura misera e squallida («di squallore terribile»), sporca, demoniaca («si sbarrano gli occhi di fiamma»), ripugnante.
Caronte nella Divina Commedia di Dante
Per Caronte Dante nel Canto III dell’Inferno si ispira proprio alla figura virgiliana.
Dante ce lo presenta come vecchio e canuto (Inferno III, versi 82-84); come nocchiero con la barba e gli occhi infuocati (inferno III, versi 97-99); come demonio severo, ordinato e sistematico (Inferno III, versi 109-111).
Caronte compare anche nella commedia Le rane di Aristofane (V secolo a.C.).