Le lingue romanze (cioè “parlate nei territori dominati un tempo da Roma”) anche dette lingue neolatine (cioè “latine nuove”) sono il frutto dell’evoluzione nel tempo del latino parlato dal popolo.
Il latino parlato però era diverso da zona a zona; anche nell’ambito della stessa Roma, il latino parlato dalle classi più colte era diverso da quello parlato dalle masse popolari.
Il processo di trasformazione del latino parlato, il suo progressivo differenziarsi da luogo a luogo e il suo distacco dal latino scritto accelerò con il crollo dell’Impero.
Infatti, la frantumazione politica che ne derivò, così come la disgregazione dell’amministrazione e della scuola, la difficoltà delle comunicazioni, la quasi totale scomparsa degli scambi fecero sì che ogni regione restasse praticamente isolata: ne derivò un’estrema frammentazione linguistica. Non bisogna trascurare infine gli apporti delle lingue dei popoli invasori, che lasciarono tracce considerevoli.
Subito dopo l’Anno Mille, la situazione linguistica in Europa era ormai chiara. Erano nate le lingue romanze o neolatine, in dieci varietà principali:
- nella penisola iberica, c’erano il castigliano (e cioè il moderno spagnolo), il catalano (parlato nella zona orientale) e il portoghese;
- in Francia, nel Meridione e nel Centro-sud, il provenzale (o lingua d’oc o occitanico), nel Nord e nel Centro-nord, il francese (o lingua d’oil);
- in Italia, l’italiano e il sardo;
- nella Dalmazia e nelle isole dell’Adriatico, il dalmatico, oggi estinto;
- nell’Alto Adige, in alcune zone del Friuli, nel Cantone dei Grigioni in Svizzera, il ladino (o retoromanzo);
- nell’attuale Romania, il romeno, sviluppatosi dal latino della colonia romana della Dacia.
Le lingue germaniche
In Germania si era affermata invece una lingua germanica – non neolatina, dunque -, il tedesco; mentre nelle isole britanniche l’anglo-normanno (una versione del francese), imposto dai conquistatori normanni dopo la battaglia di Hastings (1066), venne presto soppiantato dalla lingua anglosassone, anch’essa germanica, che già era la lingua comune prima dell’invasione.