Le Supplici di Eschilo è l’unico dramma conservato di una trilogia che comprendeva Egizi, Danaidi e il dramma satiresco Amimone.
Le Supplici di Eschilo – la datazione
Si pensava fosse il più antico dramma conservato, ma poi dalla scoperta di un papiro si è dedotto che la rappresentazione della tragedia avvenne in un concorso al quale partecipò anche Sofocle; dunque non prima del 468 a.C., probabilmente nel 463 a.C.
Il testo è pervenuto alquanto danneggiato: mancano infatti alcune pagine.
Le Supplici di Eschilo – la trama
Antefatto – L’argomento del dramma è offerto dalla vicenda mitica delle Danaidi.
Danao ed Egitto, fratelli gemelli, condividono il regno d’Egitto. Il primo ha avuto cinquanta figlie, il secondo altrettanti figli. Egitto tenta di imporre un matrimonio tra i propri figli e le nipoti; Danao e le figlie rifiutano e fuggono ad Argo, inseguiti dagli Egizi.
Inizia la tragedia – L’inizio del dramma mostra le fanciulle appena approdate ad Argo, ancora terrorizzate. Subito dopo compare Danao che esorta le figlie a raggiungere il recinto sacro. Qui i supplici hanno per antico diritto un asilo inviolabile; lì devono attendere l’arrivo degli abitanti di quella terra.
Compare infatti il re di Argo Pelasgo. Le Supplici gli narrano la loro storia e implorano di essere accolte e difese secondo le leggi dell’ospitalità.
Il re è riluttante, per timore di una guerra contro gli Egizi, ma promette di riferire all’assemblea cittadina; le ragazze a loro volta giurano di impiccarsi alle statue degli dèi se non verranno accolte.
Il re esce in compagnia di Danao che lo accompagna per sostenere le ragioni delle figlie.
Dopo il canto del coro, rientra Danao con buone notizie: l’assemblea unanime ha deciso di accogliere la preghiera delle ragazze.
Segue un canto di ringraziamento delle fanciulle rivolto ad Argo e ai suoi abitanti; poi il colpo di scena: gli Egizi sono sbarcati lì vicino e si accingono a rapire le ragazze.
Danao parte per la città in cerca di soccorso. Subito dopo arriva l’araldo degli Egizi con le guardie e tenta di portare via a forza le fanciulle. Pelasgo interviene energicamente e impedisce il rapimento. L’araldo egizio esce con parole di minaccia: ormai è la guerra tra Egiziani e Argivi.
Uscito Pelasgo, rientra Danao, incaricato di scortare le figlie dentro le mura.
Il dramma si conclude con l’ingresso in Argo delle fanciulle, in un inno di lode per la città e di vittoria sulle odiate nozze.
Perché le Danaidi rifiutano le nozze?
Le motivazioni non sono chiare.
Si è parlato di un rifiuto dell’incesto con i cugini, ma in Atene i costumi matimoniali ammettevano le nozze persino con i fratellastri.
Si è parlato di rifiuto delle nozze in sé, che avrebbero posto queste donne libere e orgogliose sotto la tutela maschile, ma nell’Atene del V secolo a.C. le donne non potevano opporre rifiuti di questo genere.
Altre interpretazioni si rifanno all’origine cultuale del mito qui trattato: è possibile che le cinquanta fanciulle costituissero un collegio di sacerdotesse che facevano della verginità un elemento essenziale del loro status. Tuttavia tale elemento è assente in Eschilo, che si limita a leggere l’episodio mitico in chiave di trasgressione a una legge naturale: per loro sposarsi significa soltanto diventare «schiave» di un uomo.
Il ruolo centrale del coro
In questa tragedia il coro occupa il ruolo centrale (gli è riservata infatti più della metà dei versi) e domina la scena; gli altri personaggi, invece, (Danao, padre delle Supplici, e Pelasgo re di Argo) occupano una posizione minore dal punto di vista drammaturgico e psicologico.
Danao è infatti soltanto un consigliere delle figlie. Il re Pelasgo vive, è vero, il dilemma della scelta tragica e appare il campione di una città democratica, ma è una figura tutto sommato scialba, in confronto alla feroce energia del coro.
Le altre opere della trilogia
Alle Supplici facevano seguito gli Egizi e le Danaidi.
Negli Egizi i cugini riescono a ottenere le nozze con la guerra; nelle Danaidi, durante la notte nuziale, le fanciulle uccidono ciascuna il proprio marito tranne una, Ipermestra. Questa, innamorata dello sposo, decide di risparmiarlo, dando così origine alla casata reale di Argo. Ipermestra subisce poi i rimproveri del padre Danao e delle sorelle e forse è sottoposta a un processo; ma il conflitto è sedato dall’intervento di Afrodite. Questa compare sulla scena per proteggere la ragazza ed enuncia le sue leggi universali (che ci sono note da un frammento conservato): «Il sacro cielo sente il desiderio di penetrare la terra, la terra desidera le nozze: la pioggia, figlia del cielo, feconda la terra ed essa genera agli uomini le greggi e il frutto di Demetra; e i germogli di primavera maturano da queste umide nozze: di tutto ciò io [Afrodite] sono la causa».
La necessità di sottostare alle leggi dell’amore e della procreazione è quindi probabilmente l’argomento principale dell’intera trilogia.
Esiste un’omonima tragedia di Euripide, che però racconta un diverso episodio della mitologia greca.