James Joyce nasce nel 1882 a Dublino. Studia nelle scuole dei Gesuiti e si laurea in letterature straniere, specializzandosi in francese e in italiano. In questa fase studia l’Odissea e la Divina Commedia; comincia a interessarsi alla figura di Ulisse.
Nel 1904 lascia l’Irlanda e si stabilisce in Europa con la compagna Nora Barnacle, da cui avrà due figli. Si reca in Italia, a Trieste, a Roma, di nuovo a Trieste. A Trieste insegna inglese alla Berlitz School; conosce Italo Svevo. Tra i due nasce una sincera amicizia e sarà James Joyce il primo ad apprezzarne il valore, facendolo conoscere all’estero.
Nel 1914 pubblica quindici racconti con il titolo complessivo di Dubliners (Gente di Dublino). Precedentemente aveva pubblicato solo un libro in versi.
Gente di Dublino è il libro che gli dà fama europea e dove mette in atto la poetica delle “epifanie”: si tratta di improvvise rivelazioni del senso delle cose, che di colpo si mostrano, per un attimo, in una luce nuova e più vera.
Nel 1917 pubblica A portrait of the Artist as a Young Man (Ritratto dell’artista da giovane), più conosciuto in Francia e in Italia con il titolo di Dedalus, il nome del protagonista. Vi si narra dell’educazione di Stephen Dedalus, dei suoi originari interessi religiosi, delle sue prime esperienze sessuali in un bordello di Dublino, sino alla maturazione di un atteggiamento di rivolta che lo induce a svincolarsi dalle istituzioni religiose e politiche e ad abbandonare la famiglia e l’Irlanda.
Nel 1918 Joyce comincia a pubblicare a puntate l’Ulisse sulla «Little Revue» di New York; ma la rivista è sequestrata perché il testo di Joyce è giudicato immorale. Il romanzo esce a Parigi nel 1922, dove l’autore si era trasferito, dopo aver passato gli anni della prima guerra mondiale a Zurigo.
A partire dal 1923 James Joyce lavora al suo ultimo romanzo, Finnegans Wake (La veglia di Finnegan), desunto da una ballata irlandese. È pubblicato nel 1939, benché incompiuto. È l’opera più altamente sperimentale di Joyce, e anche la più complessa e oscura. Il linguaggio infatti non obbedisce più alla logica comunicativa, ma vuole evocare, in modo allusivo e mascherato, la realtà indecifrabile e caotica della società contemporanea.
Gli ultimi anni della vita di Joyce sono amareggiati da una malattia agli occhi e dai problemi psicologici della figlia Lucia. La affida alle cure di Carl Gustav Jung (lo psicanalista prima allievo di Freud e poi apertamente dissidente nei confronti del maestro). Ha così modo di conoscerlo personalmente, dopo averne letto gli scritti, che ebbero su di lui una notevole influenza.
Nel 1940, da Parigi si trasferisce a Zurigo; muore agli inizi dell’anno successivo.
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