La Legge delle guarentigie fu approvata il 13 maggio 1871 dal governo italiano. Aveva lo scopo di regolare i rapporti tra il Regno d’Italia e lo Stato Vaticano, dopo l’occupazione di Roma nel 1870.
La Legge delle guarentigie (cioè “delle garanzie”) garantiva al pontefice:
- l’inviolabilità della persona;
- il conferimento degli onori sovrani;
- il diritto di disporre delle proprie guardie armate;
- la piena sovranità sui palazzi del Vaticano e del Laterano e sulla villa di Castelgandolfo.
Lo Stato, dal canto suo:
- si faceva carico delle spese di mantenimento della corte papale;
- garantiva la libertà di esercizio del culto e di testimonianza all’interno del Regno d’Italia;
- esentava i vescovi dal giuramento di fedeltà al re.
Pio IX si rifiutò di accettare la Legge delle guarentigie e si dichiarò “prigioniero dello Stato italiano”. Scomunicò Vittorio Emanuele II e l’intera classe dirigente. Inoltre proibì ai cattolici e al clero di votare e di partecipare alla vita politica.
Il 15 maggio 1871 emanò l’enciclica Ubi Nos sostenendo l’impossibilità di disgiungere il poter spirituale da quello temporale.
Tre anni dopo, con la bolla del 10 settembre 1874, la Non expedit, rinnovò il divieto per i cattolici italiani di partecipare alle elezioni e alla vita politica del Paese.
La frattura tra Stato e Chiesa si risolse soltanto l’11 settembre 1929 con la firma dei Patti Lateranensi.