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Luigi Capuana, teorico del Verismo italiano

Luigi Capuana è il teorico del Verismo italiano.

Luigi Capuana biografia

Nasce a Mineo il 28 maggio 1839 in una famiglia di proprietari terrieri, come Giovanni Verga.

Nel 1864 è a Firenze, allora capitale del Regno d’Italia, come critico teatrale sul quotidiano “La Nazione”. A Firenze rimane fino al 1869 e stringe amicizia con Verga. Dopodiché, per ragioni familiari, torna a Mineo e qui resta fino al 1877.

Nel 1877 raggiunge l’amico Verga a Milano e inizia a collaborare presso il “Corriere della Sera” (1877-82). Negli anni milanesi è entusuasta divulgatore del Naturalismo francese e contribuisce con Verga a elaborare la poetica del Verismo italiano.

Nel 1879, a Milano, pubblica il primo romanzo verista italiano, Giacinta.

Tra il 1882 e il 1883 è a Roma a dirigere “Il Fanfulla della domenica”, uno dei più prestigiosi fogli letterari dell’epoca. Pubblica nel frattempo libri di critica e di teoria letteraria, come le due serie di Studi sulla letteratura contemporanea, uscite nel 1880 e nel 1882; e il libro Per l’arte (1885), una sorta di manifesto a favore del Verismo.

Negli ultimi anni insegna all’Università di Catania. Qui muore il 29 novembre 1915.

Luigi Capuana opere

“Giacinta”

È la storia di una donna che è stata stuprata da bambina e che decide, per dispettosa protesta contro le convenzioni che la considerano macchiata per sempre, di non sposare l’uomo che ama.

Si marita, infatti, con un nobile – un esempio di inettitudine e di decadenza fisica e psichica – e diventa amante di un giovane che ella ama. Quando questi si stanca di lei, si suicida con il curaro che il medico, il dottor Follini, le ha dato come medicina per il padre ammalato.

“Profumo”

Dopo Giacinta pubblica un altro romanzo, Profumo (1891). È incentrato su un caso di isteria.

Si narra la vicenda di una donna, moglie di un impiegato, la cui vita è fortemente turbata dall’ostilità della suocera gelosa tanto da diventare preda di violente crisi.

Dopo la morte della suocera e la ricostruzione col marito di un più schietto e incondizionato amore, ella guarisce.

“La sfinge”

Un terzo romanzo, La sfinge (1897) è invece dedicato ai fenomeni di occultismo e di spiritismo di cui Capuana si va in quegli anni occupando.

“Il marchese di Roccaverdina”

Il marchese di Roccaverdina (1901) è considerato il capolavoro di Luigi Capuana.

Il protagonista è un anziano marchese. Egli anni dietro aveva dato in sposa a un sottoposto Agrippina, una serva-contadina sua amante, a patto che il marito non avesse con lei rapporti sessuali.

Dopo il matrimonio, però, il marchese è preso dal sospetto che il patto non sia rispettato e uccide a tradimento il marito della donna, lasciando che ad essere accusato sia un altro contadino.

Il marchese è preso dal rimorso ma niente serve a dargli la pace: non un nuovo matrimonio, non la morte dell’uomo incolpato ingiustamente, non la morte del prete che ha ricevuto la sua confessione. Il rimorso lo porta alla disperazione e quindi alla follia.

Le novelle

Nella novellistica, sia prima che dopo l’adesione al Verismo, suo tema privilegiato è il mondo femminile, da Profili di donne (1877) a Le appassionate (1893), Le paesane (1894), Nuove paesane (1898).

L’universo contadino che rappresenta è segnato da casi curiosi e bizzarri e da situazioni grottesche che sembrano anticipare Pirandello.

Le favole

Negli anni in cui uscivano Pinocchio e Cuore, Luigi Capuana scrive C’era una volta…, Il regno delle Fate, Il raccontafiabe e, più tardi, Chi vuole fiabe, chi vuole?.

 

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