La decolonizzazione è il processo attraverso il quale un Paese, occupato stabilmente da un altro Paese, si sottrae al dominio dell’occupante e riconquista autonomia e libertà. Il processo di decolonizzazione si avviò alla fine della Seconda guerra mondiale e ha portato alla fine degli imperi coloniali e all’indipendenza dei popoli afroasiatici.
Le cause della decolonizzazione
- Le maggiori potenze coloniali, Francia e Inghilterra, anche se vincitrici del secondo conflitto, uscivano indebolite dalla guerra. Di conseguenza, non erano più in grado di mantenere il controllo sui loro imperi coloniali in Africa e in Asia.
- La lotta al nazismo e al fascismo aveva stimolato il desiderio di indipendenza e aumentato la diffusione del sentimento nazionale.
- Le due superpotenze vincitrici della guerra USA e URSS premevano per lo smantellamento degli imperi coloniali, allo scopo di allargare le loro zone di influenza.
La Carta Atlantica del 1941, soprattutto per volontà americana, aveva proclamato: «il diritto di tutti i popoli a scegliere la forma di governo da cui intendevano essere retti» (principio di autodeterminazione). Da parte sua, alla Conferenza di Jalta del 1945, Stalin aveva dichiarato:«Nostro primo dovere è dare l’indipendenza ai popoli degli antichi imperi coloniali».
L’indipendenza dell’India
La decolonizzazione ebbe inizio con l’indipendenza dell’India.
Nel 1947 l’India ottenne l’indipendenza dalla Gran Bretagna dopo più di cinquant’anni di “resistenza attiva non violenta”, un metodo di lotta promosso da Gandhi. Consisteva nel non reagire fisicamente alla violenza delle repressioni, ma contemporaneamente nel boicottare l’amministrazione inglese impedendole di funzionare.
Dopo l’ndipendenza si crearono due Stati: l’Unione indiana, a maggioranza indù, e il Pakistan musulmano. Tra questi paesi le tensioni sfociarono più volte in guerra; lo stesso Gandhi fu assassinato da un fanatico indù.
L’indipendenza di Indonesia, Filippine e Birmania
Durante la Seconda guerra mondiale il Giappone aveva occupato le Filippine e le colonie inglesi, francesi e olandesi del Sud-Est asiatico. Molte popolazioni locali vissero il fatto come una liberazione.
Quando la Conferenza di Potsdam (1945) affidò alla Gran Bretagna il compito di riaffermare il vecchio ordine coloniale, la decolonizzazione era ormai avviata.
Il 17 agosto 1945 i nazionalisti indonesiani giunsero a un’intesa con l’Olanda e proclamarono la Repubblica indipendente con presidente Sukarno. L’anno seguente gli olandesi cercarono di riprendere il controllo del territorio ma, per volontà di USA, URSS e India, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU impose all’Olanda il cessate il fuoco e la riapertura dei negoziati. La Repubblica degli Stati Uniti d’Indonesia fu riconosciuta ufficialmente il 27 dicembre 1949.
Gli Stati Uniti concessero l’indipendenza alle Filippine il 4 luglio 1946, ma conservarono nel Paese ampi privilegi economici e basi militari.
La Birmania ottenne l’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1948; la Malaysia la raggiunse solo nel 1957.
L’indipendenza del Vietnam
Il Vietnam ottenne l’indipendenza dalla Francia nel 1954, grazie ai rivoluzionari comunisti guidati da Ho Chi Minh.
Il Paese fu diviso in due: il Vietnam del Nord sotto l’influenza russa e il Vietnam del Sud sotto quella degli Stati Uniti. Perciò Ho Chi Minh riprese la lotta con l’obiettivo di liberare il Sud. Ne nacque una guerra orribile (Guerra del Vietnam riassunto) in cui gli USA si coinvolsero inviando centinaia di migliaia di uomini. Sconfitti e condannati dall’opinione pubblica mondiale e del loro stesso Paese, si ritirarono nei primi anni Settanta.
La decolonizzazione del Maghreb
Anche il Maghreb, ovvero i Paesi dell’Africa nord-occidentale (Marocco, Tunisia, Algeria e Libia) attraversò il processo di decolonizzazione.
Il primo paese a ribellarsi al dominio della Francia fu l’Algeria (Guerra di Algeria riassunto). Fu il presidente De Gaulle a fermare la repressione spietata attuata dall’esercito francese, riconoscendo l’indipendenza della colonia nel 1962.
Intanto nel 1956 anche la Tunisia e il Marocco avevano ottenuto la libertà dalla Francia in maniera pacifica.
La Libia, colonia italiana, conquistò l’indipendenza nel 1951.
La decolonizzazione dell’Africa subsahariana
Le colonie britanniche africane conseguirono l’indipendenza fra il 1957 e il 1965. La Nigeria ottenne l’indipendenza nel 1960, mentre il Kenya la raggiunse nel 1963 dopo un’intensa lotta tra coloni e indigeni.
Nel giugno 1960 la Francia riconobbe l’indipendenza del Madagascar, dopo numerose insurrezioni.
Il Belgio concesse l’indipendenza ai territori del proprio impero (Congo, Ruanda e Burundi) tra il 1960 e il 1962, non senza sanguinosi contrasti.
Il Portogallo, impegnato a fronteggiare militarmente le guerre di liberazione in Angola, Mozambico e Guinea-Bissau, cedette solo tra il 1974 e il 1975.
Un caso a sé fu quello del Sudafrica. Qui la minoranza bianca riuscì a conservare il potere praticando una politica di discriminazione (apartheid) ai danni della maggioranza nera sino al 1990.
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