Nella guerra anglo boera del 1899-1902 il governo inglese condusse un duro e cruento conflitto nel Sudafrica per piegare la resistenza dei boeri o afrikaner, “popolo d’Africa”.
I boeri erano i discendenti degli antichi coloni olandesi, che lì si erano insediati sin dal XVII (17) secolo, riducendo in schiavitù le popolazioni indigene.
I boeri (dall’olandese boer, “contadino”) rifiutavano di accettare il dominio britannico sulle due repubbliche da essi create nel Sud Africa, il Transvaal e l’Orange.
La guerra anglo boera aveva motivazioni economiche e politiche: il controllo delle ricchissime miniere d’oro e di diamanti; la volontà inglese di impedire una penetrazione nell’area da parte dei tedeschi, che appoggiavano i boeri nel loro tentativo di conservare l’indipendenza da Londra.
Fu uno scontro lungo – oltre due anni – e feroce. Si trattò di una “guerra fra bianchi”, in cui per la prima volta si impiegarono contro altri bianchi pratiche di guerra fino ad allora esclusivamente coloniali: incendi di villaggi; distruzione di risorse; deportazioni e uccisioni in massa.
Per impedire che sostenessero la guerriglia boera, gli inglesi rinchiusero in campi di concentramento 150-200 000 civili: uomini, donne e bambini, bianchi e neri. Le disumane condizioni di vita nei campi e le malattie provocarono, si stima, 32 000 vittime (20 000 bianchi, 12 000 neri).
I caduti militari inglesi della guerra furono circa 22 000, quelli boeri 8000.
La guerra anglo boera si concluse con il trattato di Vereeniging (maggio 1902) tra Olanda e Gran Bretagna che soppresse gli Stati boeri e sancì la supremazia inglese in Sudafrica.