La stampa a caratteri mobili fu inventata a Magonza, in Germania, nel 1434 da Johann Gutenberg (1400-1468), un orafo tedesco.
Gutenberg inventò un sistema che permetteva di comporre una pagina di testo mettendo insieme singoli caratteri realizzati in lega metallica, e di riprodurla in serie attraverso l’utilizzo di un torchio tipografico.
Nel 1456, nella sua bottega di Magonza, Gutenberg stampò la sua prima opera: la Bibbia in latino, ossia la Vulgata di san Girolamo, di cui vennero pubblicate numerose opere.
La stampa a caratteri mobili era un sistema rapido ed economico e pertanto rese possibile la diffusione della cultura.
Nel Medioevo infatti i libri erano oggetti rari. Scritti a mano, la loro realizzazione era affidata al lavoro di amanuensi che manualmente – con il rischio di errori e lacune – ne trascrivevano svariate copie.
In tutta Europa esistevano pochissimi esemplari anche delle opere fondamentali. Pertanto, gli studiosi erano a volte costretti a viaggi lunghi e pericolosi per consultare volumi quasi introvabili.
Ma ora, grazie a Gutenberg, con l’invenzione della stampa a caratteri mobili, i libri non erano più esclusiva di pochi eruditi; un numero sempre maggiore di persone, in particolare ricchi borghesi, ebbero accesso a una conoscenza più vasta e variegata.
Le stamperie si diffusero in ogni parte d’Europa. In Italia un importante centro tipografico fu Venezia. Qui, nella bottega di Aldo Manuzio (1450-1515), vennero stampate numerose opere richieste in tutta Europa, contribuendo a un’ampia e rapida diffusione delle opere più complesse a prezzi relativamente bassi. La cultura poté così diffondersi sempre più e raggiungere anche i Paesi più lontani.
La circolazione sempre più rapida dei libri e delle conoscenze favorì inoltre la nascita dell’opinone pubblica, un nuovo fattore sociale destinato a influenzare sempre più la politica dei governi.