Oro alla Patria è la campagna lanciata dal regime fascista di Mussolini dopo l’entrata in vigore delle sanzioni economiche contro l’Italia decise dalla Società delle Nazioni come misura punitiva per l’aggressione all’Etiopia, che portò alla conseguente guerra d’Etiopia.
Le sanzioni economiche varate dalla Società delle Nazioni vietavano l’esportazione all’estero di prodotti italiani e all’Italia l’importazione di merci necessarie all’industria di guerra.
Queste sanzioni ebbero tuttavia un’efficacia molto limitata sia perché il blocco non era esteso alle materie prime sia perché non impegnava gli Stati che non facevano parte della Società delle Nazioni, come gli Stati Uniti e la Germania.
In compenso, esse permisero a Benito Mussolini di coalizzare il popolo contro quelle che furono chiamate le “inique sanzioni” e di varare una rumorosa campagna di orgoglio patriottico e di spirito militaresco.
Così, un mese dopo l’entrata in vigore delle “inique sanzioni”, il 18 dicembre 1935, fu proclamata la “Giornata della fede“, giorno in cui gli italiani diedero vita a una grande e spontanea mobilitazione per donare le proprie fedi nuziali e altri oggetti d’oro e sostenere così i costi della guerra e far fronte alle difficoltà delle sanzioni.
La prima a donare la propria fede, assieme a quella del marito, fu la regina Elena consorte del re Vittorio Emanule III di Savoia, seguita da Rachele, la moglie di Mussolini. Non mancarono donatori illustri, come Guglielmo Marconi, Luigi Pirandello e Gabriele D’Annunzio. Anche le gerarchie ecclesiastiche invitarono il clero a prendere parte alla campagna.
Le donazioni si svolsero in varie città e la giornata fu un grande successo; portò alla raccolta di oltre 37 tonnellate d’oro e ben 115 d’argento, che furono inviate alla Zecca dello Stato come patrimonio nazionale.
A coloro che donarono la propria fede d’oro venne data in cambio una fede di ferro che portava impressa la dicitura Oro alla Patria – 18 nov.XIV.