La battaglia di Alesia si svolse nel settembre del 52 a.C., nell’ambito della conquista della Gallia da parte di Gaio Giulio Cesare.
Cesare affidò il ricordo delle sue imprese in Gallia a un’opera autobiografica, De bello gallico, considerato uno dei capolavori della storiografia antica.
Assedio di Alesia
Tra il 53 e il 52 a.C. Gaio Giulio Cesare dovette affrontare la sollevazione di molte tribù galliche, guidate dal re degli Arverni Vercingetorige.
Cesare assediò il re nemico Vercingetorige nella fortezza di Alesia. La posizione di Alesia era formidabile: sorgeva sulla sommità di un colle, alla base del quale scorrevano da due parti due fiumi, ed era circondata da altri colli su tre lati.
La città sembrava davvero inespugnabile: collocata nel territorio dei Mandubi (l’attuale Auxois, in Borgogna), è identificabile con il Mont Auxois, presso il quale sorge oggi la città di Alise-St.-Reine.
Lo scontro
Cesare, uno dei più grandi comandanti della storia, seppe vincere l’importante battaglia di Alesia nonostante un esercito nettamente inferiore, dal punto di vista numerico, a quello del nemico.
I Romani avevano infatti circa 50 mila uomini, mentre i Galli disponevano di 45 mila armati in città e di altri 240 mila che stavano per giungere in soccorso.
Cesare fece costruire lungo il crinale dei colli attorno alla città un sistema di fortificazioni doppio, rivolto sia all’esterno sia all’interno. In questo modo, durante l’attacco generale portato dai Galli su più fronti, riuscì a tenere a bada gli attaccanti provenienti dalla città, mentre grazie alle mura e alle torri erette sui colli poté respingere l’urto della moltitudine dei rinforzi esterni.
La resa di Vercingetorige e la sottomissione della Gallia
Vercingetorige si offrì come vittima a Cesare nel momento della resa di Alesia, e la Gallia venne definitivamente sottomessa a Roma.
Il re degli Arverni, Vercingetorige, fu condotto a Roma e imprigionato per cinque anni. Nel 46 a.C. fu trascinato in catene durante la celebrazione del Trionfo di Cesare; subito dopo fu mandato a morte, forse per strangolamento.