La città di Dio (De civitate Dei) è l’ultima grande opera di Agostino d’Ippona (354-430), uno dei Padri della Chiesa e uno dei principali artefici della cristianizzazione della cultura classica.
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La città di Dio (De civitate Dei) si compone di 22 libri, composti e pubblicati per gruppi fra il 413 e il 427.
Perché Agostino scrive La città di Dio?
La Città di Dio Agostino la scrisse dopo il saccheggio di Roma del 410 compiuto dai Vandali: Sant’Agostino risponde ai pagani che accusavano i cristiani di aver provocato lo sfaldamento e la caduta dell’Impero romano.
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Cosa sostiene Sant’Agostino nel De civitate Dei?
Questi i contenuti fondamentali del De civitate Dei.
Libri I – X
Nei libri I-X Agostino risponde alle accuse di pagani mostrando che il politeismo è incapace di garantire la serenità all’uomo sia nella vita terrena sia nell’aldilà.
Per farlo, usando le armi dell’ironia e del sarcasmo, mostra che la storia romana non è affatto piena di exempla morali; che disastri di ogni tipo erano gravi e frequenti nel passato come nel presente; questi disastri erano i segni della peccaminosità umana; che l’Impero romano, lontano dall’essere l’oggetto privilegiato della Provvidenza divina, era del tutto inessenziale per la salvezza dell’umanità, anzi era un fenomeno storico destinato a scomparire col tempo.
Libri XI – XXII
È inutile, sostiene Sant’Agostino, disperarsi per la sorte terrena di Roma, poiché nel mondo creato da Dio esistono due modi di vivere che si incarnano in due comunità diverse e opposte: la città terrena (segnata dal peccato) e la città celeste (cioè la città di Dio segnata dalla Grazia), che saranno separate solo nell’ultimo giorno.
La città terrena nasce dall’egoismo, dall’amore dell’uomo per se stesso, ed è dominata dalla ricerca del potere terreno e del benessere materiale; la città celeste nasce invece dall’amore verso Dio e vuole ottenere la beatitudine e la salvezza eterne.
All’interno di ogni individuo le due città interagiscono continuamente, sotto forma di opposizione tra umano e divino; ovvero tra la volontà umana, che tende alla felicità immediata, e la volontà divina, che si rivela all’uomo attraverso la Grazia.
Solo alla fine dei tempi, nel Giudizio Universale, sarà possibile riconoscere chi sono quelli che fanno parte della città celeste, cioè i giusti, e coloro che appartengono all’altra realtà, cioè i malvagi.
Agostino non identifica la città celeste con la Chiesa, né con i cristiani perché è Dio stesso che sceglie chi sono coloro che saranno salvati. Fino al giorno del Giudizio il cammino delle due città procederà intrecciato e sarà compito della coscienza di ciascun uomo, sotto la guida di Dio, saper scegliere il Bene o il Male.
Pertanto anche le sciagure subite dall’Impero romano non sono altro che episodi nel percorso verso il trionfo dello spirito di Dio sulla Terra.