Carpe diem è la più celebre massima del poeta latino Orazio (65-8 a.C.) e di tutta la poesia latina. È tratta dal verso 8 della sua breve e famosissima Ode I, 11, l’undicesima ode del primo libro, dedicata a una fanciulla, Leuconoe, nome chiaramente fittizio, che in greco significa “dalla candida mente”.
Carpe diem il testo
Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. Ut melius, quidquid erit, pati!
Seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
5quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum, sapias: vina liques et spatio brevi
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.
Carpe diem traduzione
Non chiedere, non è concesso saperlo, Leuconoe,
il destino che a me e a te hanno dato gli dèi;
e non scrutare gli oroscopi babilonesi: quant’è meglio accettare,
ciò che sarà, sia che Giove ci abbia assegnato molti inverni,
o per ultimo questo che logora il mare Tirreno contro gli scogli;
sii saggia, filtra il vino e tronca nel breve spazio le troppe lunghe speranze;
mentre parliamo, sarà già fuggito il tempo invidioso:
cogli l’attimo e affidati meno che puoi al domani.
Cosa rimprovera il poeta a Leuconoe?
Leuconoe è l’immagine di colei che si illude di poter conoscere in anticipo quale sarà il destino suo e del poeta. Orazio invece la esorta a lasciare perdere gli oroscopi e le consiglia di cogliere l’attimo fuggente, anzi di strapparlo (questo il significato proprio di carpere) allo scorrere del tempo, e di non curarsi di ciò che potrà essere il domani. Deve sapere apprezzare e godere pienamente il presente, perché il futuro è sconosciuto e incontrollabile. Al poeta Orazio non resta quindi che concludere l’ode secondo la semplice concezione epicurea: Carpe diem quam minimum credula postero, cioè «cogli il giorno, confidando il meno possibile in quello successivo».
Che cosa vuol dire Carpe diem?
Per comprendere appieno il significato dobbiamo conoscere la frase completa. Carpe diem quam minimum credula postero: cogli il giorno, confidando il meno possibile in quello successivo.
Quindi – ammonisce il poeta Orazio – afferra l’attimo; goditi il giorno, il presente, non abbandonarti a speranze sul domani perché l’esistenza è breve e il tempo fugge; è preferibile accettare con serenità quanto la vita ci riserva e rinunciare alle speranze nel domani.
Quando usare Carpe diem?
La frase oggi è banalizzata e utilizzata in modo inappropriato. Non dobbiamo infatti identificare il carpe diem oraziano con l’immediato soddisfacimento dei bisogni, con il consumo dei beni perseguito in maniera sfrenata e irresponsabile.
L’invito del poeta Orazio a godere del momento presente e a non darsi pensiero del futuro non è un consiglio da gaudente, come spesso viene interpretato, ma un invito a prendere coscienza della vanità dei desideri superflui e della consapevolezza dell’imminenenza della morte, dell’unicità della vita e di ogni singolo istante.
Quindi, in ultima analisi, il poeta Orazio invita ciascuno di noi a realizzare la propria esistenza in modo compiuto, sfruttando le occasioni che la vita ci dà, e a non sprecarla inutilmente.