Leggi Licinie Sestie emanate nel 367 a.C. furono così chiamate dai nomi dei tribuni della plebe che le promossero, Gaio Licinio Stolone e Lucio Sestio Laterano. Esse prevedevano una serie di norme favorevoli alla plebe.
Che cosa prevedevano le leggi Licinie-Sestie?
Esse stabilirono l’accesso dei plebei al consolato (cioè alla massima magistratura repubblicana). Pertanto il Senato cessava di essere, almeno teoricamente, espressione esclusiva del patriziato. Tuttavia, la prescrizione secondo la quale ogni anno uno dei due consoli dovesse appartenere alla plebe non fu sempre rispettata, ma si trattò comunque di una conquista storica per i plebei, che ebbero per la prima volta accesso al Senato.
Queste novità furono poi in parte compensate dall’istituzione, nel 366 a.C., di una nuova magistratura riservata ai patrizi: la pretura. I pretori assunsero alcune funzioni prima attribuite ai consoli, come l’amminstrazione della giustizia nei tribunali, e in alcuni casi li sostituirono durante le campagne militari. Nei secoli seguenti, con l’espansione romana nel Mediterraneo, i pretori avrebbero svolto anche la funzione di governatori nelle province sottomesse.
Le leggi Licinie Sestie contenevano anche altre norme in favore della plebe. Impedirono infatti ai patrizi di praticare l’usura nei prestiti concessi ai plebei. Si prevedeva che, riguardo i debiti, detratto dal capitale la parte calcolata come interesse, il resto venisse pagato in tre rate annuali.
Stabilirono inoltre che la porzione di ager publicus assegnata a ogni cittadino non dovesse superare i 500 iugeri (circa 125 ettari), favorendo di fatto una redistribuzione delle terre.
Alle leggi Licinie Sestie, preceduta dalla lex Canuleia del 445 a.C. che aboliva il divieto di matrimonio fra patrizi e plebei, seguiranno nel 326 a.C. la lex Poetelia Papiria, che impediva la schiavitù per debiti; nel 300 a.C. la lex Ogulnia, che apriva anche ai plebei l’accesso ai collegi sacerdotali; infine la lex Hortensia del 287 a.C., che rendeva vincolanti per tutto il popolo romano le deliberazioni del concilia plebis, l’assemblea popolare dei plebei, equiparandole di fatto alle leggi votate dai comizi.
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