Piramo e Tisbe sono due personaggi delle Metamorfosi di Ovidio (IV libro), protagonisti di una struggente storia d’amore dal finale tragico. Scopriamola insieme qui con il riassunto.
Riassunto Piramo e Tisbe
Piramo e Tisbe sono due giovani innamorati di Babilonia, costretti per l’opposizione dei genitori a parlarsi attraverso un foro del muro divisorio delle loro abitazioni. Un giorno i due giovani decidono di darsi appuntamento fuori dalle mura della città.
Tisbe, uscita furtivamente da casa e giunta per prima al luogo convenuto, è costretta a fuggire dall’apparizione di una leonessa; nella fuga le cade dalle spalle il velo, che l’animale, reduce dalla strage di un gregge, lacera, macchiandolo di sangue.
Piramo, alla vista del velo insaguinato, si convince che la sua amata sia rimasta uccisa; sconvolto, anche perché si ritiene colpevole di quella morte, si uccide con il suo pugnale, macchiando con il suo sangue i frutti bianchi di un vicino gelso, che da bianchi diventano rosso scuro (rosso vermiglio).
Tisbe, uscita dal suo nascondiglio, trova il corpo del suo giovane innamorato agonizzante e comprende l’equivoco che lo ha spinto al suicidio. Disperata, decide di darsi a sua volta la morte, lasciandosi cadere sulla lama del pugnale ancora calda di sangue. Prima di spirare, invoca una sepoltura comune ed esorta il gelso a continuare a produrre i frutti di quel colore fosco, a ricordo perenne di quell’amore infelice.
I due giovani sono sepolti insieme e il loro tragico amore sarà per sempre ricordato dal mutamento di colore dei frutti del gelso.
Piramo e Tisbe spiegazione del mito
La storia di Piramo e Tisbe, narrato da Ovidio nel libro IV delle Metamorfosi presenta quindi anche un aspetto eziologico: vuole cioè spiegare il motivo dell’esistenza dei gelsi neri accanto a quelli bianchi.
Analisi del mito Tisbe e Piramo
Il mito di Piramo e Tisbe narrato da Ovidio non ha nessun precedente nella letteratura greca, né se ne trovano tracce altrove prima di lui.
Qualunque sia la sua origine, il mito di Piramo e Tisbe conobbe comunque a partire da Ovidio una fortuna eccezionale. Notissimo alla cultura medievale (lo richiamerà anche Dante nel canto 27 del Purgatorio) e rinascimentale, deve molto della sua fama all’influsso esercitato sull’analoga storia di Romeo e Giulietta, resa immortale da Shakespeare, alla quale lo accomuna il motivo del tormentato amore fra i due protagonisti, osteggiato dalle famiglie, e il tragico equivoco che porta al duplice suicidio.
Lo stesso Shakespeare riprenderà la vicenda anche nel Sogno di una notte di mezza estate, dove la storia di Tisbe e Piramo è messa in scena da un gruppo di artigiani durante le nozze dei protagonisti Teseo e Ippolita.