La diversa concezione della follia è ciò che distingue l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto da Don Chisciotte di Miguel De Cervantes.
Il Don Chisciotte di Miguel De Cervantes è considerato una sorta di prolungamento dell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto. Tra le due opere corrono all’incirca cento anni: Ariosto inizia nel 1505 a progettare l’Orlando furioso, che concluderà con l’edizione definitiva del 1532; un secolo dopo, in Spagna, Cervantes pubblica nel 1605 la prima parte del suo romanzo e nel 1615 la seconda.
La follia di Orlando e la follia di Don Chisciotte a confronto
La follia di Orlando inizia a metà dell’opera e il paladino segue un percorso che va dalla saggezza alla pazzia, per poi tornare all’equilibrio e alla ragione. Il personaggio di don Chisciotte invece si identifica totalmente con la condizione di folle.
Orlando viene travolto dalla follia suo malgrado; il suo comportamento successivo è segnato dall’assenza di controllo e termina grazie a un intervento esterno. Alonso Quijano, invece, sceglie di essere don Chisciotte, riflette lucidamente su quale forma di anormalità sia più congeniale al suo scopo e, consapevolmente, ne assume il contegno, così come alla fine guarisce per un’autonoma presa di coscienza, tornando alla propria identità originaria.
Cervantes definisce ironicamente il suo personaggio ingenioso, ovvero “scaltro”, “astuto”. Orlando è invece chiamato «furioso» già nel titolo, e nel proemio del poema si sottolinea che la sua follia sarà la materia narrata.
Mentre il paladino cristiano è il migliore finché è padrone di sé e diventa moralmente riprovevole quando perde il senso della misura, Alonso Quijano non è nessuno, ma eccelle quando diventa don Chisciotte, proprio nel momento in cui le sue azioni smisurate dimostrano la sua distanza dal mondo reale e privo di ideali, di cui non comprende più il senso.
Nel Don Chisciotte la follia è la sovrapposizione dell’ideale al reale. La follia del personaggio di Cervantes consiste nella volontà di raggiungere un obiettivo puramente ideale che non ha riscontri nella realtà: è un personaggio che incarna la solitudine e per questo sente la necessità di inventare l’amore. Diretta conseguenza di ciò è la perdita dell’esatta concezione della realtà.
Nel romanzo quindi regnano la confusione e l’incertezza e il Don Chisciotte si presenta come l’intellettuale innamorato dell’azione, il cavaliere dell’ideale e di quelle gesta impossibili, che in quanto tali, sono destinate a sfociare nella follia.
La concezione di Ariosto della follia è, invece, connessa all’ideale umanistico: la follia viene scatenata dall’eccesso di passioni e aspirazioni e coincide con la perdita del senno, strumento regolatore dell’uomo e della società.
Orlando (protagonista di Orlando furioso di Ariosto), da paladino virtuoso e integerrimo, diventa “furioso” per l’amore non corrisposto di Angelica. Orlando viene travolto dalla follia suo malgrado e il suo comportamento fuori controllo cessa grazie a un intervento esterno.