Damnatio memoriae è un’espressione latina che significa “condanna della memoria”. Nel diritto dell’antica Roma era una condanna postuma consistente nella cancellazione di qualsiasi traccia delle persone giudicate colpevoli di reati molto gravi contro lo Stato, perché considerate “nemiche di Roma”. Tale pena poteva essere inflitta esclusivamente dal Senato romano.
La damnatio memoriae in età repubblicana
Nella Roma repubblicana, la pena prevedeva che il praenomen (il nostro cognome) del condannato non si trasmettesse all’interno della famiglia; che i suoi ritratti venissero distrutti; e il nome fosse cancellato dalle iscrizioni sui monumenti.
Chi fu il primo romano ad essere colpito dalla damnatio memoriae?
Il primo romano a essere colpito dall’istituto fu, all’indomani della battaglia di Azio (31 a.C.), Marco Antonio per volere di Gaio Ottaviano Augusto, il figlio adottivo di Giulio Cesare e primo imperatore di Roma.
La damnatio memoriae in età imperiale
In età imperiale, il provvedimento assunse un significato politico di disapprovazione dell’azione di un imperatore da parte del Senato. Anche in questo caso, tale pratica comportava la cancellazione del nome dalle iscrizioni di tutti i monumenti pubblici, l’abbattimento di statue e monumenti onorari, la cancellazione dell’immagine impressa sulle monete.
Subirono tale provvedimento, tra gli altri, Caligola, Nerone, Domiziano, Commodo, Eliogabalo, Publio Settimio Geta.
La damnatio memoriae di Nerone
Nel caso di Nerone, il Senato fu tuttavia costretto a celebrarne i funerali, per non attirare su di sé le ire del popolo, che lo amava. In seguito, l’imperatore Vespasiano fece abbattere tutti i monumenti onorari neroniani, come la colossale statua in bronzo o l’arco di trionfo costruito in seguito alla vittoria sui Parti nel 58 d.C. Inoltre, Vespasiano fece costruire l’Anfiteatro Flavio, poi conosciuto come Colosseo, sul sito della Domus Aurea di Nerone.
La condanna della memoria di Geta
Un altro esempio di “condanna della memoria” si ha con Publio Settimio Geta co-imperatore dal 209 al 211 prima col padre Settimio Severo, poi con il fratello Caracalla. Quest’ultimo, volendo governare da solo, lo fece assassinare sotto gli occhi della madre Giulia Domna e poi ordinò che il suo nome fosse rimosso da tutte le iscrizioni. Ad esempio sul Tondo severiano (foto in alto), sul quale è ritratta la famiglia dell’imperatore Settimio Severo, con la moglie Giulia Domna e i figli Geta e Caracalla, si vede con chiarezza l’intenzionale cancellazione del volto di Geta a seguito del suo assassinio.
La damnatio memoriae oggi
Oggi la damnatio memoriae non esiste più come istituto giuridico, ma è tuttora largamente praticata attraverso la distruzione di immagini, simboli e statue di personaggi ed eventi di cui si vuole cancellare il ricordo.
Il contrario era l’apoteosi, ovvero gli onori divini dopo la morte. Per un approfondimento leggi Apoteosi imperiale nell’antica Roma: procedura e chi ne beneficiò.