La “notte dei cristalli”, in tedesco Kristallnacht, è la notte tra il 9 e il 10 novembre 1938.
In quella notte, in tutta la Germania, i nazisti uccisero 91 persone; rasero al suolo o incendiarono 267 sinagoghe; devastarono 7500 negozi; deportarono nei campi di concentramento 30 000 ebrei.
L’operazione fu condotta prendendo a pretesto l’assassinio di Ernst Eduard von Rath, un diplomatico tedesco a Parigi, da parte di un giovane studente ebreo, Herschel Grynszpan.
Il 10 novembre Joseph Goebbels, capo della propaganda nazista, annunciò alla radio che tutto era finito. In realtà le devastazioni e i rastrellamenti proseguirono anche dopo. Secondo gli storici in quei pochi giorni in Germania morirono fino a 1500 persone.
Nessuno tra i vandali, assassini e incendiari fu processato. Gli ebrei, invece, furono condannati a riparare i danni a proprie spese e a svendere a prezzi stracciati le loro attività ad acquirenti ariani.
Dopo la notte dei cristalli molti ebrei decisero di emigrare, ma Hitler impose una tassa sulla fuga talmente esorbitante che solo pochi ricchissimi riuscirono a espatriare.
In seguito le difficoltà crebbero perché molti Paesi esteri si rifiutarono di accogliere gli ebrei esuli.
Nell’ottobre del 1941, il governo emanò un “divieto generale di espatrio“. Intanto le liste degli “indesiderati” si erano allungate, aggiungendo a comunisti, socialisti e israeliti anche gli zingari, seguiti dagli omosessuali, dai malati di mente, dai disabili. Queste ultime due categorie non furono mai internate nei lager, ma tolte alle loro famiglie e uccise negli ospedali con un’iniezione letale perché non inquinassero la “razza“.
Attualmente a livello storico a “La notte dei cristalli” è preferita la definizione di “pogrom di novembre”, letteralmente “devastazione”.