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Battaglia di Carre, morte di Crasso e conseguenze

La battaglia di Carre (presso l’odierno villaggio turco di Harran) si svolse il 9 giugno del 53 a.C. Le legioni romane guidate dal generale romano Marco Licinio Crasso, membro del Primo Triumvirato assieme a Cesare e Pompeo, vennero pesantemente sconfitte dall’esercito dei Parti, guidato dal generale Surena. L’esercito guidato da Crasso, disposto in quadrato, fu facile bersaglio delle frecce dei Parti.

L’esercito di Crasso contava 30 000 uomini, di questi 20 000 morirono e 10 000 furono fatti prigionieri. I soldati romani non riuscirono nemmeno a salvare le insegne militari, che vennero sottratte dai Parti. Furono restituite solo nel 17 a.C. dopo il trattato di pace sancito dall’imperatore Ottaviano Augusto.

Come morì Crasso?

Secondo la leggenda, i Parti uccisero Crasso, facendogli bere dell’oro fuso, simbolo della sua inestinguibile sete di ricchezza. Crasso era infatti considerato l’uomo più ricco del suo tempo, grazie alla fortuna accumulata con l’acquisto dei beni di coloro che facevano parte delle liste di proscrizione di Silla.

Durante la battaglia fu ucciso pure suo figlio Publio Licinio Crasso: un soldato partico gli troncò la testa e poi la infisse su un’asta per atterrire i Romani.

Battaglia di Carre – conseguenze

Morto Crasso nella battaglia di Carre a spartirsi il potere restavano Cesare e Pompeo. Il Senato, temendo che l’eccessivo potere acquisito da Cesare in Gallia potesse minacciare le istituzioni repubblicane, appoggiò Pompeo, nominandolo console unico (52 a.C.) e affidandogli la custodia dello Stato.

Intanto, nel 49 a.C., scaduto il secondo mandato quinquennale nelle Gallie, Cesare sarebbe dovuto tornare a Roma da privato cittadino; il Senato gli impose di sciogliere il suo esercito, minacciando di dichiararlo nemico pubblico in caso di rifiuto.

Per tutta risposta Cesare scese in Italia alla guida delle sue legioni e la notte del 10 gennaio del 49 a.C. varcò il pomerium stabilito da Silla presso il fiume Rubicone. Fu in questa occasione che egli pronunciò la celebre frase Alea iacta est, il dado è tratto.

Con questo atto, Cesare diede di fatto il via a una nuova guerra civile, che contrappose i seguaci di Cesare e di Pompeo. Lo scontro militare si concluse con la sconfitta di Pompeo nella battaglia di Farsalo e con la sua morte  (48 a.C.) in Egitto, dove si era rifugiato sperando nell’aiuto di Tolomeo XIII, fratello e marito (secondo l’usanza faraonica) di Cleopatra. Tolomeo invece lo fece uccidere nella speranza di conquistarsi l’amicizia di Cesare.

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