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Mein kampf – La mia battaglia, riassunto

Mein kampf libro di Hitler (in italiano “La mia battaglia”), in cui espose il suo credo nazionalista e razzista. Lo scrisse mentre era in prigione in seguito al fallito colpo di Stato contro la Repubblica di Weimar (Putsch di Monaco, 9 novembre 1923).

Mein kampf è l’opera in cui Hitler delineò la sua ideologia politica e i piani futuri per la Germania. Uscì inizialmente in due volumi: il primo nel 1925, intitolato Eine Abrechnung («Una resa dei conti»); il secondo nel 1926, Die nationalsozialistische Bewegung («Il movimento nazionalsocialista»). Dal 1930 l’opera fu stampata e venduta in un volume unico. Fu tradotto in varie lingue (in Italia fu tradotto a partire dal 1934) e vendette milioni di copie.

Nel suo libro autobiografico Hitler raccoglie in parte idee già presenti nel nazionalismo tedesco: la critica ai sistemi parlamentari e democratici; la denuncia del Trattato di Versailles, con cui le potenze vincitrici della prima guerra mondiale avevano privato la Germania delle sue colonie e di numerosi territori; l’opposizione al comunismo, perché la lotta di classe era giudicata un elemento disgregatore della società; l’antisemitismo. La novità è che Hitler si presenta come il solo uomo in grado di riportare la Germania alla grandezza perduta.

Eccovi i concetti fondamentali esposti nel Mein kampf, il libro di Hitler.

Mein kampf riassunto

Arianesimo

Per Hitler la storia va letta come una battaglia permanente tra razze superiori e inferiori. Questa teoria, del tutto priva di fondamenti scientifici, considera i tedeschi discendenti dei popoli “ariani”, germanici e nordici. La razza ariana, l’unica portatrice di civiltà, è destinata in questa visione a trionfare sulle razze inferiori, in primo luogo gli ebrei e gli slavi, ma anche i malati di mente, i portatori di handicap e di malattie ereditarie, che pertanto devono essere eliminati.

Antisemitismo

Al termine della rivoluzione russa, un ufficiale delle Armate bianche di origini tedesche, ossessionato dall’antisemitismo, fugge in Germania e introduce i Protocolli dei savi di Sion negli ambienti intellettuali e borghesi che frequenta. Qui vengono ripubblicati nel 1920 e ottengono immediatamente un enorme successo. Hitler li legge attorno al 1922 e ne rimane immediatamente colpito. Basandosi su questo falso documento, Hitler, che già da tempo nutriva sentimenti antisemiti, sviluppa la tesi del “pericolo ebraico”: una cospirazione ebraica internazionale il cui obiettivo è ottenere la supremazia del mondo.

Lotta al comunismo

Hitler era convinto che l’arma di cui gli ebrei si servivano per congiurare segretamente e conquistare il mondo fosse il marxismo, come dimostravano la rivoluzione russa del 1917 e la sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale. Il fatto poi che molti capi socialisti, tra cui lo stesso Karl Marx, fossero ebrei o di origini ebraiche, sembrò confermare agli occhi di tutti la teoria del complotto contenuta nei Protocolli. Attraverso questo testo quindi antisemitismo e antisocialismo si saldavano.

Lo spazio vitale (Lebensraum)

Il Trattato di Versailles aveva privato la Germania di territori indispensabili alla sua sopravvivenza, perciò il passo successivo doveva essere il recupero dei territori perduti, i cui abitanti erano a maggioranza tedesca: Austria, parte della Cecoslovacchia e Polonia occidentale. Sarebbe stato poi necessario occupare militarmente i vasti territori dell’Europa dell’Est (in particolare la Russia), ricchi di grano e di materie prime. I popoli slavi che vi abitavano sarebbero stati conquistati e avrebbero lavorato come schiavi per i nuovi padroni ariani.

Nel libro di Hitler sono presenti inoltre numerosi elogi a Benito Mussolini, da Hitler considerato il suo principale ispiratore politico contemporaneo.

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