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Gertrude nei Promessi Sposi: storia, descrizione, carattere

Gertrude è la monaca di Monza presentata nei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Il racconto della sua vicenda è contenuta nei capitoli IX e X. Manzoni ci consegna uno dei ritratti più grandi e importanti della letteratura italiana.

Chi è Gertrude nei Promessi Sposi?

Gertrude è la monaca che Lucia e Agnese incontrano nel convento di Monza dove si rifugiano in seguito alla fuga dal paese e al fallito tentativo di rapire la giovane da parte di don Rodrigo. È detta «la Signora» perché figlia di un aristocratico milanese.

È ispirata infatti alla figura storica di Maria Virginia De Leyva (Milano, 1575-Milano, 1650). Figlia del conte di Monza, Martino De Leyva, era stata costretta a trascorrere la sua vita in convento per via del “maggiorascato”, una pratica consolidata e molto frequente nelle famiglie nobili, per la quale i figli minori erano costretti ad abbracciare la vita religiosa, così da rinunciare ai beni materiali e lasciare tutta l’eredità al primogenito.

Per questo motivo Gertrude è destinata a diventare suora e viene mandata sin da piccola in convento. Tornata a casa per un breve periodo, viene sorpresa a scambiarsi un messaggio amoroso con un paggio, suscitando l’ira paterna. Gertrude chiede perdono al padre, ma questi approfitta dell’occasione per indurre la figlia, che vorrebbe per sé un destino diverso, a prendere definitivamente i voti monacali (E fu monaca per sempre, capitolo X).

La monaca vive prostrata in una condizione in cui è stata costretta. Diventa così l’amante di un “giovane scellerato”, Egidio. Questi, dopo averla sedotta, uccide una suora colpevole di aver scoperto la loro tresca.

Come viene descritta Gertrude da Manzoni nei Promessi Sposi?

Lucia e Agnese giungono nel convento di Monza a un anno dal delitto e conoscono “la Signora”. La monaca rivela già nell’aspetto fisico la sofferenza e l’inquietudine che la travagliano: i movimenti degli occhi e delle labbra, le contrazioni nervose della fronte, i lampi nello sguardo. Lucia la vede ritta, «dietro due grosse e fitte grate di ferro». A un’impressione d’insieme dimostra venticinque anni, ma è di una bellezza «sbattuta», «sfiorita» e anche «scomposta», come rivelano una «ciocchettina di neri capelli» che esce dalle bende e l’abito monacale attilato in vita «con una certa cura secolaresca». Il tutto è segno di un’attitudine ribelle, di un rancore verso la sua condizione, di una grande ferocia interiore.

La monaca all’inizio prova tenerezza nei confronti di Lucia, così indifesa. Poi, però, quando viene ricattata non sa resistere e cede, facendosi complice del progetto di rapire Lucia (capitolo 20). Fa quindi del male anche a quella ragazza che poteva essere la sua speranza di redenzione.

Cosa prova Manzoni per questo personaggio?

Manzoni descrive questo personaggio in modo crudo ma pietoso. In Gertrude sono presenti sentimenti contrapposti e in netto contrasto. Forza e debolezza convivono, perennemente in conflitto.

Per conoscere la redenzione di Gertrude dobbiamo aspettare verso la fine del romanzo (capitolo 37), dove Manzoni ci informa che dopo essere stata rinchiusa per colpa del suo delitto, con l’aiuto del cardinale Federigo Borromeo si pente e ricomincia una nuova vita da monaca.

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