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Fra Cristoforo: storia e descrizione fisica e caratteriale

Fra Cristoforo è senza dubbio uno dei personaggi più potenti dei Promessi Sposi, romanzo di Alessandro Manzoni. Svolge il ruolo di aiutante di Renzo e Lucia, i due promessi, offrendo loro protezione e consiglio di fronte le minacce del prepotente don Rodrigo.

Padre Cristoforo è un personaggio storico: il Manzoni fa riferimento a un certo Cristoforo Picenardi da Cremona, frate cappuccino, morto di peste nel giugno del 1630 mentre assisteva gli ammalati nel lazzaretto di Milano. Ma padre Cristoforo è anche e soprattutto un personaggio creato dall’arte di Manzoni, sia pure calato nella realtà e nelle caratteristiche del suo tempo.

Nel capitolo IV del romanzo, Manzoni fa una lunga digressione per spiegare al lettore chi fosse questo padre Cristoforo, ormai vicino ai sessant’anni, che si prendeva tanta cura di Lucia, e come fosse giunto a farsi frate.

Fra Cristoforo descrizione fisica e caratteriale

La descrizione fisica del frate riguarda solo il volto, cui è affidato il compito di rivelare anche aspetti dell’interiorità.

Padre Cristoforo ha un capo rasato tranne, secondo la regola dell’Ordine dei Cappuccini, una piccola corona di capelli. Ha una barba lunga e bianca che gli copre la faccia e il mento; la fronte solcata da profonde rughe. Ha due occhi incavati, spesso chinati a terra, ma che talvolta s’infiammano.

I particolari dell’aspetto di fra Cristoforo ne rivelano la duplice personalità: da un lato, uomo forte e battagliero, dall’altro un uomo generoso, che soccorre gli umili, aiuta i deboli e combatte contro i prepotenti. Anche il suo linguaggio che solitamente è umile e tranquillo, a volte diventa impetuoso e appassionato. La sua è una fede militante: una fede cioè che vuole operare nel mondo, e che non si rinchiude nella contemplazione e nel rifiuto della vita terrena. Per lui i valori più importanti della vita sono la forza della fede, l’umiltà, la carità e il perdono.

A questo punto, Manzoni ci racconta la storia di Fra Cristoforo.

Fra Cristoforo storia

Il suo nome prima di farsi frate era Lodovico. Figlio di un ricco mercante, Lodovico aveva avuto una gioventù di agi, ma in cui gli venivano fatte pesare le sue origini non nobili. Disgustato dalle prepotenze degli aristocratici, egli aveva finito però per assumerne gli stessi atteggiamenti violenti. Così un giorno gli era capitato di essere coinvolto in un duello con un nobile arrogante per un diritto di precedenza sul marciapiede; il nobile aveva colpito a morte il suo servo fidato, Cristoforo, e Lodovico, nell’ira, l’aveva ucciso.

Ferito e trasportato da alcuni popolani in un convento, era stato accolto e curato dai Cappuccini; roso dai rimorsi, il giovane aveva deciso di farsi frate. Lascia tutti i suoi averi alla famiglia di Cristoforo e ne assume il nome. Poi, si era recato dai parenti della sua vittima, chiedendone il perdono. Essi, nonostante i propositi iniziali di vendetta o almeno di umiliazione, glielo avevano concesso, commossi dalla sincerità del suo pentimento.

Fra Cristoforo nei Promessi Sposi

Fra Cristoforo compare di persona per la prima volta all’inizio del capitolo IV del romanzo, mentre dal suo convento di Pescarenico si sta recando frettolosamente alla casa di Lucia e Agnese, avendo ricevuto da Fra Galdino il loro messaggio di urgente bisogno di parlare con lui. Dopo il racconto di Agnese e un’attenta riflessione sul da farsi, decide di recarsi da don Rodrigo per convincerlo, inutilmente, a non perseguitare più Lucia (capitoli V e VI). Non essendoci riuscito, suggerisce ai due giovani di separarsi e di fuggire: Lucia e Agnese in un convento a Monza, Renzo a Milano presso i cappuccini (capitolo VIII).

Nei capitoli successivi verremo a sapere che padre Cristoforo verrà allontanato da Pescarenico per un intrigo ordito ai suoi danni dal conte Attilio, cugino di don Rodrigo. Con Renzo e Lucia si incontrerà solamente durante la peste, nel lazzaretto; qui ci verrà offerto di lui un altro ritratto. Ormai ammalato di peste ha un «portamento curvo e stentato; il viso scarno e morto»; anche la sua voce era «fioca, cupa, mutata come tutto il resto». Tuttavia «l’occhio era quello di prima, e un non so che di più vivo e splendido…». Lo illuminava la carità, quella stessa carità che lo aveva spinto a chiedere di essere destinato al lazzaretto per avere l’«occasione di ciò che aveva sempre desiderato, di dar la sua vita per il prossimo».

Alla fine dell’episodio lo rivedremo con l’occhio e la mano verso il cielo, dicendo a Renzo: ci rivedremo «lassù, spero» (capitolo XXXVI). Questa resta la più bella immagine di lui che il Manzoni ci abbia offerto.

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